E se questa crisi fosse l’occasione di reinterpretare un antagonismo individuale ad un sistema che pian piano mostra le sue crepe? Ebbene, frequentando gli ipermercati e i centri commerciali in questi giorni, ci si accorge di gruppi familiari che girano senza buste tra le mani, anche con un certo piacere. Anch’io l’ho fatto con un certo gusto.

Per la prima volta ho sperimentato il piacere di non comprare, di non spendere, ergo di non consumare. Anche a tavola, niente panettoni, ma solo dolci fatti in casa con ingredienti poveri ma essenziali. Anche per i regali: solo ai bambini e soprattutto fatti con la propria fantasia. Un non consumo intelligente come risposta alla crisi ed all’aumento sconsiderato delle tasse.

Quella che si profila è una stagione di ribellione sociale al superfluo, ma anche alla spesa in generale. Questo fenomeno determina comunque un aumento della socialità, si preferisce l’incontro in piazza o in casa tra amici e parenti. L’impatto negativo dell’Imu, ha neutralizzato l’effetto delle tredicesime e costretto tutti a rivedere i propri piani, spesso in direzione di una maggiore valorizzazione nel trascorrere queste vacanze. Più tempo con i figli, più semplicemente e senza ‘cose’. Si avvicina il senso liberatorio della profezia di Alexander Langer, qualcuno lo ricorda il suo inno: più lentamente, più in profondità, più dolcemente

Langer si riferiva al ribaltamento del motto olimpico: “citius,altius,fortius” più veloce, più alto, più forte. La società dei consumi sembra storia antica e tutte le strategie di marketing si stanno impallando in questa Italia che sembra tornare nei mercati rionali e nello scambio di ricette. Torna il gusto del pane che dura, qui in Puglia non hai che da scegliere. Torna la bellezza del regalo fatto in proprio, del vino e dell’olio che si pagano da soli, i presepi fatti con la pasta dai bambini o monumentali fatti con materiali riciclati. Aumentano i gas (gruppi di acquisto solidale), la voglia di vivere uscendo di casa in bicicletta e senza denaro, i giochi familiari con ceci, fagioli e buccia di mandarino. La Playstation resta ferma ad impolverarsi per un po’. Oggi non entrare nell’ipermercato per scelta è tanto sovversivo quanto lo era un tempo evitare di passare da p.zza San Babila a Milano. Fare la pizza a casa con acqua e farina è piu’ eversivo della sprangata alle vetrine delle banche. Correre sul lungomare è più rivoluzionario della lettura di Lenin, perché mette in crisi sanità e palestre a suon di Zumba.

Se non consumi vivendo, incricchi il sistema, che altrimenti ti consuma mentre sopravvivi. La sobrietà al potere fa tendenza, ma è spaventata da una voglia sempre più crescente di reagire alla crisi eliminando gli orpelli superflui della nostra vita che ci portiamo appresso come i barattoli rumorosi che ti attaccano alla fine dei matrimoni dietro la macchina. Roba da americani vista nei film, direbbe mio nonno! Mentre il nonno plastificato che ci ha spinto ai consumi per decenni inscena danze grottesche: me ne vado? Resto? Me ne vado ma poi resto.

Anch’egli appare come un prodotto da ipermercato di cui ormai gli italiani possono tranquillamente fare a meno. 

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