Il decreto legge sull’Ilva “oltre ad annullare l’efficacia del provvedimento cautelare adottato dal gip per evitare l’aggravamento e la commissione di altri reati”, ha “legittimato la sicura commissione di ulteriori fatti integranti i medesimi reati” contestati. Si legge nel ricorso inviato alla Consulta dalla Procura di Taranto che ha sollevato il conflitto di attribuzione. La legge, secondo i magistrati, ha operato un “grave ‘vulnus’ ai principi di obbligatorietà dell’azione e di indipendenza del pm” e questo “non appare tollerabile”. Rispettivamente vengono citati gli articoli 112 e 107 della Costituzione. 

Per questo la Procura chiede alla Corte Costituzionale che “dichiari che non spetta, nel caso di specie, al Governo della Repubblica autorizzare la prosecuzione dell’attività produttiva per periodo di tempo predeterminato”. 

Nel ricorso alla Consulta, la Procura chiede anche che l’autorizzazione del governo all’Ilva a produrre non trovi applicazione “anche quando l’autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell’impresa titolare del provvedimento, nella parte in cui è previsto che tali provvedimenti non impediscono, nel corso del predetto periodo, l’esercizio dell’attività d’impresa”. La Procura ha chiesto inoltre che il ricorso venga esaminato al più presto “in considerazione della estrema rilevanza degli interessi protetti dalle norme penali su indicate che, di per sé, costituiscono ragioni di estrema urgenza”.

 

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