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Grazie

Ormai da qualche anno subiamo la moda dei babbinatale appesi alle finestre, penzolanti dai balconi, precariamente attaccati a ringhiere, cornicioni, balaustre, grondaie.

Più che babbinatale paiono ladri, o poveracci con abiti logori e ingrigiti dallo smog, o nani da giardino in versione invernale…

Provo a osservare il fenomeno con gli occhi di un bambino e azzardo un paio di riflessioni su quale funzione la società, anche in questo caso, sceglie di svolgere nei confronti dell’infanzia.

So che Babbonatale è un aiutante di Gesubambino e che nella notte di Natale entra non si sa bene come nelle case e lascia i doni.

Come mai in qualsiasi direzione volgo lo sguardo vedo dei fantocci appesi in malo modo? Mi spiegano che sono degli addobbi, come le stelle filanti e le lucine. Ma tante cose non mi tornano.

Non mi torna come questa immagine inflazionata possa aiutare a coltivare la dimensione dell’immaginazione e della magia: quel fantoccio sgualcito indica un modo furtivo in cui Babbonatale svolge un compito tanto poetico, mi toglie un poco il gusto di fantasticare su come vanno le cose – veramente – quella notte; non suggerisce una possibilità, indica perentoriamente lo svolgimento dei fatti.

Non mi torna il modo in cui viene usato un simbolo: un simbolo amplifica l’immaginazione, richiama a qualcosa di arcano, aiuta a codificare per alt(r)e vie un mistero, è costruito con linguaggio poetico, rimanda a una dimensione artistica.

Un simbolo lascia intendere alcune cose in base alla sensibilità individuale, alla storia individuale. Un simbolo rispetta il desiderio di non capire e si presta a molte letture.

Comunque è meglio chiudere con un sorriso. Che ti piacciano o meno questi babbinatale “furtivi“, questa storia era sopratutto un pretesto per esercitarci a guardare le cose da un altro punto di vista: con occhi da piccolo. Ma in fondo poi anche ogni bimbo ha il proprio punto di vista personale.

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