Un’applicazione web e mobile per chi vive di musica: si chiama frestyl” ed è un servizio che permette ad appassionati di concerti, gestori di locali e musicisti di incontrarsi virtualmente e condividere informazioni preziose, come gli appuntamenti live della serata in una certa città, consultabili direttamente su smartphone. L’idea è venuta a tre ragazze poco più che trentenni, due italiane – Arianna Bassoli ed Emanuela Tumolo – e l’americana Johanna Brewer. Dalla loro intuizione è nata una startup, tutta al femminile, che sta crescendo in fretta: “frestyl” è stata selezionata, insieme ad altre nove imprese neonate, per un progetto di tre mesi allo Startupbootcamp di Berlino, uno dei più quotati “acceleratori” internazionali di nuove iniziative imprenditoriali.

“Veniamo tutte da un background accademico. Con Johanna abbiamo collaborato a diversi progetti, tra cui alcune interfacce per lo scambio musicale su mobile – racconta Arianna Bassoli a Ilfattoquotidiano.it – Verso la fine del dottorato eravamo però stanche di progettare prototipi e di realizzare articoli accademici invece di cimentarsi con prodotti che potessero essere utilizzati da migliaia di utenti. Volevamo creare un prodotto commerciale che seguisse le nostre passioni, e così abbiamo deciso di fondare “frestyl” e puntare sulla musica dal vivo”. Avviare una startup in Italia non è facile, ma le tre ragazze sono riuscite a trovare finanziatori all’estero. “Specie nella fase iniziale – continua Arianna – ci ha aiutato molto Joi Ito, un personaggio importante nella scena startup mondiale, ex amministratore delegato di Creative Commons e ora direttore del Mit Media Lab”. Un grande supporto è poi arrivato dagli altri startupper italiani, una comunità di “persone valide e aperte alla collaborazione, cosa che mi ha stupito in un contesto individualista come quello italiano”.

Così “frestyl” è nata e ha iniziato a crescere, fino a che, a settembre 2012, è stata selezionata per lo Startupbootcamp di Berlino. “Il bilancio dell’esperienza è stato molto positivo: il livello del programma è altissimo – spiega ancora Arianna Bassoli – e abbiamo avuto a disposizione oltre 200 esperti del settore, tra startupper “stagionati”, investitori, legali, esperti di marketing. Un acceleratore di tale rilievo internazionale offre una notevole visibilità, e inoltre rappresenta un filtro per gli investitori, che conoscono il ‘marchio’ del programma e si fidano della selezione”, spiega la Bassoli.

Un team tutto al femminile è una notizia anche nella brillante scena berlinese. “Secondo gli studi dello Startup Genome, Berlino è lo ‘startup hub’ con la percentuale più bassa di fondatrici donne – racconta infine Arianna – Infatti c’è un grande interesse, anche mediatico, per la nostra esperienza. In Italia la scena è più variegata, ma comunque prevalentemente maschile. Esistono ancora pregiudizi di genere: gli investitori e anche gli startupper uomini sono poco abituati ad avere a che fare con fondatrici donne, ma l’atteggiamento varia tantissimo da caso a caso. Il pro è l’attenzione che si riceve, il contro è appunto un approccio spesso parziale. Penso che accada ovunque e che sia difficile assistere ad un cambiamento nel breve periodo”. Concorda Emanuela Tumolo: “A volte si tratta, più che di pregiudizi o discriminazioni, dell’assenza di un codice condiviso: gli investitori e gli altri startupper non sono abituati a trattare con le donne. Essere donne e fondatrici di una startup è sicuramente un fenomeno, e il rischio è quello di essere raccontate solo in quanto tali: ma al risultato finale contribuisce sempre l’intelligenza collettiva”.

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