Nei trolley dei viaggiatori le forze dell’ordine trovano di tutto. Ma quando un finanziere, in servizio al porto di Venezia, ha aperto una piccola valigia 60×30 non immaginava che vi avrebbe trovato un bambino. Assim, cinque anni, afghano, doveva raggiungere la Germania con il suo accompagnatore, che prima si è definito suo padre, poi suo zio. L’adulto, come riportano alcuni quotidiani tra cui il Corriere della Sera e il Gazzettino, è stato arrestato anche dopo aver mostrato le fotografie della famiglia del piccolo che ha riconosciuto le persone nelle immagini. Il cucciolo d’uomo è stato affidato ai servizi sociali e sarà accolto in una famiglia veneziana in attesa che la magistratura minorile chiarisca tutti gli aspetti di questa vicenda. Certo è che il bimbo ha fatto un lunghissimo e pericoloso viaggio.

“E’ una storia incredibile – dice Luca Lo Presti, presidente della Pangea una onlus che da dieci anni è presente nel paese dei talebani -. In Afghanistan non è solo l’infanzia a essere negata, ma la via stessa. Fa impressione pensare a una madre che infila un figlio in una valigia per farlo scappare dalla guerra. Magari gli sorride per dirgli stare buono e risponde che no, lei non può entrare nella valigia. Fa rabbia pensare che ogni giorno l’Italia spende milioni in una missione che non ha portato pace; l’Afghanistan è diventato il primo esportatore di oppio e la situazione del popolo non è certo migliorata”.

Questa onlus in dieci anni ha “salvato” sei mila donne afghane e con loro i loro figli; grazie al microcredito hanno aperto panetterie, fanno scarpe o cuciono vestiti, qualcuna è diventata parrucchiera. “Il nostro ufficio a Kabul costa 40 mila euro all’anno, aiutiamo 400 donne e 50 bambini con quei milioni della missione potremmo rifare l’Afghanistan” dice Lo Presti. Di storie come quella di Assim il volontario ne ha viste tante: pullman di bambini che passano il confine con l’Iran: “Quelli belli magari finiscono in adozioni internazionali, gli altri nella prostituzione o in mano ai trafficanti di organi”. Assim ha viaggiato attraversano l’Iran appunto fino in Turchia per poi imbarcarsi in Grecia, forse sempre chiuso in quella scatola con un forellino che gli ha permesso di respirare. “Un bambino afghano sa tanto della vita – commenta Lo Presti – ma non è giusto che accada. Queste persone, donne uomini e bambini, scappano da situazioni disumane. Noi lì cerchiamo di portare pace e con i soldi di un solo giorno di missione potremmo farlo ancora di più. Il futuro dei minori passa anche attraverso le mamme perciò noi cerchiamo di aiutare le donne. E quando una si è alzato il burqa e ci ha chiesto di insegnarle a essere bella abbiamo pensato di fare dei corsi, che sono stati tenuti da due parrucchiere di Padova e Pistoia. Anche da qui passa l’emancipazione della donna e la salvaguardia dei loro figli”. Dopo l’apertura a giugno di una casa a Kabul la onlus punta ad aprirne un’altra per “dare la stessa opportunità alle 110 donne e ai loro bambini, che sono state selezionate dal nostro staff afghano” e per questo è partita una campagna di raccolta fondi con regali solidali. 

Articolo Precedente

Minturno, la delega alle politiche abitative? All’esponente di Casapound

next
Articolo Successivo

Cyberwar: Iran sotto attacco, e da noi che succede?

next