In un vecchio film di Woody Allen si vede il protagonista (Woody stesso) rifornirsi al banco di un’edicola di ogni genere di giornali; finché, carico come un mulo, aggiunge con nonchalance al mucchio il solo acquisto che si precipita a sfogliare appena arrivato a casa: una rivista porno. Riccardo Schicchi, scomparso domenica scorsa nella quasi indifferenza generale, non solo per tutta la vita ha fatto il contrario, ma lo ha fatto nel paese più cattolico (e quindi più ossessionato dal sesso) al mondo.

Sebbene nel posto sbagliato, Schicchi lo ha fatto però al momento giusto, almeno all’inizio della sua carriera. Dopo l’apprendistato come fotoreporter negli anni Settanta si inventa dal nulla imprenditore e regista del porno e talent scout dal fiuto implacabile (quando scopriva qualcuna lui, di coperto restava ben poco). Comincia con Cicciolina, prosegue le varie Barbarella, Pussycat, Ramba (inutile chiedere qualche informazione in più agli amici: tutti vi diranno che non le hanno mai sentite nominare). Gli riuscì perfino il colpo di lanciare una pornostar maschile, Rocco Siffredi, che è un po’ come far eleggere un non inquisito nelle liste di Forza Italia.

Siccome era un coerente, si sposò con Eva Henger. Ma il suo capolavoro fu Moana Pozzi, divenuta la santa protettrice del porno nazionale, capace di renderlo trasversale rispetto all’editoria, al cinema e perfino alla televisione. Le ex pornostar approdate in video dopo avere appeso il pitone al chiodo non ci sono mai mancate; ma Moana è stata l’unica a diventare in contemporanea sia porno che pop-star. Siamo alla fine degli anni Ottanta, l’apice della stagione di gloria di Schicchi, quando erotismo, pornografia e trash televisivo sconfinano tra loro.

Poi, all’improvviso, tutto precipitò. Ora che i film sono pensati per il tv color del tinello di casa, non certo per il grande schermo, ora che le sale muoiono come mosche, a cantare il fascino ambiguo eppure straziante dei Cinema Cielo, dove passavano gli orgasmi di celluloide di Moana e compagnia, è rimasto giusto Danio Manfredini. Si resta stupiti nell’apprendere che Schicchi aveva soltanto sessant’anni, e che nemmeno venti ne sono passati dalla morte della Pozzi. Quel porno ruspante e ruggente sembra risalire a un’altra era geologica, oggi che basta accendere un tablet per ritrovarsi in mano il proprio teatrino a luci rosse personale.

Forse non è possibile morire al momento giusto, ma di sicuro Schicchi ha scelto un giorno adatto per andarsene. Lo stesso giorno in cui è finito in manette per sospetta evasione fiscale il fondatore di You Porn Fabian Thylmann fondatore di un impero stimato non meno di 50 milioni di dollari di fatturato all’anno. L’uomo simbolo dell’evoluzione global del business così local (anzi, strapaesano) di Riccardo Schicchi.

Oggi, anche se tutti continuano a fare finta di nulla, nessuno ha più bisogno di svaligiare l’edicola sotto casa per scoprire le ultime prodezze di una pornostar.

Il Fatto Quotidiano, 11 Dicembre 2012

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