Una ballata triste per Taranto è il contributo che il giovane cantautore Michele Maraglino dedica alla sua città, che in questo periodo è salita agli onori delle cronache per la nota faccenda dell’Ilva. “Ho sempre vissuto molto male l’impatto di quella fabbrica con la mia città. Quello che mi faceva più rabbia era il silenzio. Ora diciamo questo problema non c’è più, però per tantissimi anni quello che mi faceva più rabbia era la capacità di sopportazione dei tarantini nei confronti di un’industria che sì gli dava lavoro, ma non li rispettava né come uomini né come lavoratori”. Del resto, “a Taranto, la gente si è sempre ammalata ed è morta e tutti lo sapevano che era per colpa dell’Ilva, ma nessuno si è mai opposto seriamente, neanche i sindacati o le istituzioni locali, tanto meno quelle nazionali. Penso che se siamo arrivati a questo punto è proprio per questo silenzio. La politica corrotta ha permesso a Riva di fare i porci comodi suoi, nessuna tutela, nessuno che pensa mai davvero al bene della collettività”.

La canzone “Taranto”, contenuta nel suo album d’esordio intitolato “I mediocri” (La Fame Dischi), nasce dalla rabbia e Maraglino prim’ancora che scoppiasse il caso, voleva gridarlo al mondo che a Taranto c’era un problema gigantesco con l’ambiente e che “non si poteva continuare a parlare della questione inquinamento in Italia senza mai parlare di Taranto. Ora tutta la vicenda è venuta a galla, spero solo non sia troppo tardi, anche perché il mercato dell’acciaio non ha tantissima vita e con tutti i soldi che si sono fatti, senza mai restituire nulla alla città, mi sa che gli conviene chiudere piuttosto che pagare ora per mettersi in regola. Se riescono a tirare avanti così come hanno sempre fatto… bene, altrimenti chiudono. Hanno già fatto sparire i soldi. È qui che, ora più che mai, serve uno Stato che si sappia imporre, che abbia davvero a cuore la salute degli italiani. Ma in tutti questi anni è stato complice. Io mi chiedo cosa ce li abbiamo a fare i politici se quando realmente servono non ci sono mai, se stanno sempre dalla parte opposta a quella dei cittadini. È paradossale”.

Michele, quanta gente conoscevi che se n’è andata per i fumi dell’Ilva? E quante ne conosci che per causa loro se ne sono ammalate?
A Taranto sono tantissimi i casi di amici e conoscenti che si ammalano e muoiono per patologie legate all’inquinamento. Ogni tarantino conosce gente in quelle condizioni, sia parenti sia amici. È una strage. Non è accettabile. Vorrei che la mia città si risvegliasse e in parte questo sta accadendo. Anche dal punto di vista culturale c’è un certo movimento. Molti giovani si stanno rimboccando le maniche dando vita a realtà inimmaginabili fino a qualche tempo fa. L’industria non ha solo distrutto una popolazione dal punto di vista della salute e dell’ambiente, ma anche da quello culturale.

Cosa desideri venga fatto per Taranto, la tua città?
Vorrei innanzitutto che la salute venga messa al primo posto come in un Paese normale. E che ci si comporti di conseguenza. Come soluzione, l’unica accettabile che vedo è quella che giorni fa ha espresso Beppe Grillo sul suo sito. E mi piacerebbe che l’Italia diventasse un paese coraggioso. È proprio di questo che si parla nel mio primo album I Mediocri. Penso che questi anni che stiamo vivendo siano anni mediocri, dove il non rischiare, l’accontentarsi, sono all’ordine del giorno. La gente non sogna più, punta in basso. E a furia di accontentarsi succedono casi come Taranto. Io penso che anche in tempi di crisi la parola d’ordine sia sognare, sia puntare alto, provarci sempre.

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