La corsa verso l’alto delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) non conosce tregua, e anche nel 2012 la loro produzione salirà, stavolta del 2,6%. Lorivela uno studio pubblicato su Nature Climate Change del Global Carbon Project, un network di scienziati, secondo cui l’obiettivo di tenere l’aumento della temperatura sotto i 2 gradi con le misure che si stanno discutendo a Doha è sempre meno probabile.

Le emissioni nel 2012, scrivono gli esperti, dovrebbero toccare i 35,6 miliardi di tonnellate, ancora più su del record raggiunto nel 2011, e con un aumento del 58% rispetto al 1990. I calcoli relativi allo scorso anno, basati sia sulla combustione dei derivati del petrolio che sulla produzione di cemento, hanno visto le emissioni scendere in Usa e Europa, mentre in Cina c’è stato un aumento del 10%, che mette Pechino al top degli emettitori globali con una quota del 28%. “Se il trend resterà questo – scrivono gli autori – l’obiettivo di tenere l’aumento della temperatura media globale sotto i 2 gradi è altamente improbabile, e anzi entro fine secolo le proiezioni danno le temperature in crescita tra 4 e 6 gradi”. Alla conferenza in corso a Doha partecipano i delegati di 200 paesi, che dovrebbero entro il 7 dicembre trovare un accordo sulle misure proprio per centrare l’obiettivo dei due gradi. 

Italia al 21° posto nella lassfica Germanwatch. Intanto il nostro Paese viene considerato attento ai cambiamenti climatici. Quest’annol’Italia ottiene il 21esimo posto nella classifica del rapporto annuale di Germanwatch sulle performance climatica dei principali paesi della Terra, realizzato in collaborazione con il Climate Action Network (CAN) e Legambiente per l’Italia. Lo studio, su 61 Paesi, è stato presentato a Doha. “Negli ultimi cinque anni – spiega Mauro Albrizio, responsabile Politiche europee Legambiente – l’Italia ha fatto significativi passi in avanti, passando dal 48esimo al 21esimo. Performance dovuta alla riduzione delle emissioni conseguente non solo alla recessione, ma anche al ruolo importante giocato dalle rinnovabili e dall’efficienza energetica negli ultimi anni. I progressi fatti rischiano però di essere compromessi dalla Strategia energetica nazionale (Sen) presentata dal governo”. 

Tornando alla classifica della Germanwatch, quest’anno Danimarca (quarto posto), Svezia (quinto) e Portogallo (sesto) guidano la graduatoria dei 61 paesi presi in esame dal rapporto, che anche quest’anno non ha assegnato i primi tre posti della graduatoria perché nessun paese ha messo in campo azioni virtuose in grado di contribuire a limitare le emissioni al disotto dell’obiettivo dei 2 gradi. La performance dei singoli stati è stata valutata attraverso il “Climate Change Performance Index” (CCPI), che prende in considerazione quattro parametri principali: il livello delle emissioni, che pesa per il 30% dell’indice complessivo; il trend delle emissioni nei principali settori (elettrico, industria, costruzioni, trasporti, e abitazioni), che pesa per il 30%; l’uso di energia rinnovabile, che pesa per il 10%; l’efficienza energetica, che pesa per il 10%; e la politica per il clima per il 20%. Inoltre quest’anno per la prima volta sono stati presi in considerazione anche i dati sulle emissioni provenienti dalla deforestazione. Questo ha determinato una discesa in classifica di paesi come Brasile e Indonesia, dove la deforestazione ha un forte impatto sulle emissioni globali. Nel dettaglio la “top ten” della classifica 2013 è ancora una volta dominata da paesi europei. Occorre per sottolineare che stati come Olanda e Polonia presentano una performance di gran lunga al disotto della media; mentre paesi come Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda e Grecia, hanno fatto considerevoli passi in avanti anche grazie alla riduzione delle emissioni dovuta alla recessione di questi ultimi anni.

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