Nel 1969 il Gruppo Superstudio progettò la “Sopraelevazione del Colosseo”. Esempio nobile di quell’”architettura radicale” che voleva rompere con la tradizione e incarnare la contestazione antiborghese. Il Colosseo rappresentava l’Antichità. Per questo diventava l’oggetto privilegiato sul quale sperimentare la modernizzazione dell’architettura. Sul Colosseo sono gli occhi del mondo. A distanza di un cinquantennio ancora lo sono.

“E’ quanto mai spiacevole che, per l’ennesima volta, notizie atte a procurare allarme vengano diffuse senza verificarne preventivamente la veridicità con le autorità preposte alla manutenzione e alla tutela dell’Anfiteatro Flavio. Ribadisco, alla luce dei monitoraggi continui condotti sulle superfici lapidee, che il comportamento strutturale complessivo del Colosseo non desta preoccupazioni”. Era i primi giorni dello scorso settembre quando Mariarosaria Barbera, Soprintendente per i Beni Archeologici di Roma, volle rassicurare quanti temevano per la tenuta del Colosseo. Nessun frammento caduto, nessun problema di cedimento in alcun punto, nessuna ipotesi di puntellamento alla base del monumento. Fatta chiarezza sul monumento più rappresentativo dell’antichità romana. Il Monumento.

Ma in quella medesima occasione il Soprintendente, dava notizia di una campagna di test per valutare il comportamento di un eventuale distacco accidentale di frammenti in parete e le misure di sicurezza conseguenti. I risultati della sperimentazione tutt’altro che confortanti. Al punto da consigliare l’utilità di una fascia di rispetto da realizzare intorno al monumento. Ieri, poi, l’ufficializzazione. Dei colonnotti in ghisa ad una distanza variabile compresa tra i 15 e i 6 metri dal monumento.

Una misura che a molti appare eccessiva. Spropositata. In realtà che tiene conto delle situazioni attuali. In attesa dei lavori che verranno. Una misura peraltro non nuova. Utilizzata per altri monumenti in pericolo. Per diversi tratti delle Mura Aureliane. Oppure per l’anfiteatro, a Pozzuoli. Una zona rossa che dovrebbe mettere in sicurezza visitatori e turisti. Ma anche consentire al monumento di essere sorvegliato con maggiore facilità. Allontanando ambulanti vari e centurioni. Restituendo il giusto decoro all’Anfiteatro.

I colonnotti che delimiteranno l’area di rispetto in fondo non molto dissimili, se non nell’ingombro, almeno nella funzione, dai cippi in travertino che originariamente erano posti intorno al Colosseo per indicare lo spazio libero, nel quale non erano presenti abitazioni. Segnacoli, dei quali rimangono cinque esemplari sul lato settentrionale, utilizzati anche come blocchi per fissare il velarium.

La misura decisa dalla Soprintendenza un primo significativo passo in direzione della futura musealizzazione del Colosseo e delle aree limitrofe. Prendere coscienza del fatto che non è possibile sottoporre monumenti importanti come il Colosseo allo stress procurato dal passaggio del traffico veicolare a breve distanza, appare ormai una necessità. Improcrastinabile. Per questo la scelta di istituire questa zona di rispetto deve salutarsi con favore. Il rischio, forse non pienamente compreso, è che continuare a servirsi del Colosseo, così come è stato fatto fin’ora, è folle. Quell’utilizzo porta al consumo. Reale. Fisico. Per questo motivo la misura che è stata decisa, a prescindere dall’emergenza del momento, può, deve, costituire l’occasione per ripensare alla fruizione del nostro Patrimonio archeologico. L’osservazione di monumenti, di complessi monumentali, di parti o addirittura di intere città dell’antichità, come Pompei o Ostia, è un privilegio. Che la consuetudine ha fatto pensare inalienabile. Il passeggiare all’interno del Foro Romano, avendo la possibilità di toccare la cortina di quel monumento. Come camminare sulle strade basolate di Pompei per poi entrare in una delle tante domus e avvicinarsi ad osservare le pitture che decorano le pareti. Nell’un caso e nell’altro azioni aggressive nei confronti di quei monumenti. Questo tipo di fruizione, di per sé, naturalmente, comporta la rovina di quei monumenti. Servirebbero pensiline sulle quali camminare, lastre di cristallo a proteggere le superfici e molto altro. Servirebbero risorse finanziare maggiori rispetto a quelle attuali. In mancanza di tutto questo rimangono monumenti muti. Spesso senza manutenzione. Frequentemente “funghi pittoreschi”, imprigionati nei propri recinti, all’interno di quartieri delle nostre città. Non solo a Roma. Il Colosseo prova a darsi una nuova immagine. A farsi vedere come merita.

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