Né col centrosinistra né con Beppe Grillo. Ormai non è più un proposito ma una realtà il quarto polo che si dichiara “alternativo agli attuali schieramenti” e annuncia per le elezioni politiche del 2013 “una lista di cittadinanza politica, radicalmente democratica, alternativa al governo Monti, alle politiche liberiste che lo caratterizzano e alle forze che lo sostengono”.
E’ sempre più in direzione di questa quarta sponda che vanno convogliando appelli e annunci di iniziativa animati da aree intellettuali, associazionismo, sindaci, movimenti della società civile che vedono sempre più nel magistrato antimafia Antonio Ingroia la candidatura alla premiership reputata in grado di contendere consensi tanto al centrosinistra che al fenomeno delle 5 stelle.

Per quanto il diretto interessato si schermisca affermando che “se si tratta di intenzioni veritiere ringrazio i promotori per l’apprezzamento nei miei confronti, ma io al momento mi trovo in Guatemala e contento di quel che sto facendo”. Anche se solo due settimane fa proprio il suo nome era già stato prospettato a mezzo stampa sempre come papabile candidato premier di un “polo giustizialista” che abbracciasse da Grillo a Di Pietro. “Ipotesi giornalistiche davvero ancor più che fantasiose – le boccia Ingroia dal Guatemala – Se non altro in quanto sono state smentite in prima persona dagli stessi Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Non mi pare, per altro, che dal movimento 5 stelle possano venire proposte politiche tali da potermi riguardare”.

Ormai è questione di giorni perché venga formalizzata la nascita del quarto polo. Si tratta di un percorso che ha preso le mosse sin dalla primavera scorsa con la nascita di Alba (Alleanza lavoro beni comuni ambiente) per iniziativa di personalità come Luciano Gallino, Paul Ginsbourg, Marco Revelli. I medesimi che si sono poi resi promotori dell’appello “Cambiare si può!”, lanciato lo scorso 5 novembre con un paio di migliaia di adesioni (tra cui Livio Pepino, Tonino Perna, Moni Ovadia, Sabina Guzzanti, Oliviero Beha, Gianni Rinaldini, Riccardo Petrella…).

Adesso le strade si riunificano per arrivare alla formalizzazione del nuovo schieramento tra l’assemblea nazionale di “Cambiare si può!” del primo dicembre al teatro Vittoria di Roma e la presentazione dei primi candidati delle liste arancioni da parte di De Magistris una decina di giorni dopo sempre a a Roma. Lo stesso sindaco di Napoli parteciperà all’assemblea del Vittoria. E il caso vuole che proprio a il 30 di novembre Ingroia sia a Roma per presentare il suo nuovo libro e che quindi sarà anch’egli presente all’assemblea e accolto probabilmente da un’ovazione intesa a fargli rompere ogni indugio. D’altronde l’ex procuratore aggiunto di Palermo considera l’appello di “Cambiare si può!” una “iniziativa importante e persino necessaria”. Secondo Ingroia, infatti, “occorre davvero un’iniezione di società civile che si proponga di realizzare un rinnovamento della politica e un cambiamento del paese, ma c’è effettivamente bisogno che, oltre a criticare il sistema politico, la società civile decida di assumere responsabilità in prima persona”. Il Mattino di Napoli scrive oggi che Ingroia è “vicinissimo al sì o almeno in pole position per la candidatura” in arancione con De Magistris.

Per arrivare a formalizzare una candidatura alla leadership del quarto polo, però, occorrerà che prima si risolvano le primarie del Pd fino anche all’eventuale ballottaggio e soprattutto che il parlamento trovi o meno un’intesa sulla riforma della legge elettorale, che sono due variabili ancora dirimenti. Nessuna delle ipotesi, però, è tale da poter far recedere dal proposito di costruire il nuovo schieramento e di portarlo in lizza alle elezioni del 2013.

Nel caso, infatti, che alla fine fosse Renzi a prevalere su Bersani nelle primarie del centrosinistra i promotori del quarto polo vedrebbero solo rafforzate le proprie argomentazioni critiche nei confronti della politica del Pd. D’altronde, se fino a ieri l’attenzione era catalizzata dal “teatrino delle primarie” in tv, secondo Gallino, Revelli & Co. della settimana scorso in tutta Europa “hanno portato all’attenzione anche in Italia il paese reale” soffocato dalle politiche di compatibilità europea del governo tecnico. Sulla base di ciò si escludono margini di ricomposizione no solo con Bersani e il Pd, che hanno adottato le politiche economiche del governo Monti, ma anche con Sel e Vendola, che concorrendo alle primarie si sono collocati in una posizione di “subalternità” rispetto al Pd.

Stante il porcellum la soglia del 4 per cento è ritenuta accessibile dai fautori del quarto polo. Prospettiva, questa, che potrebbe suscitare l’interesse di Prc e anche Idv, nel caso che quest’ultima non rientri nell’orbita del Pd attraverso un passo indietro di Di Pietro per candidarsi in Molise. A patto che sia chiaro, avverte Ginsborg “che stavolta siamo noi, siamo nuovi e abbiamo le nostre idee”. Che tradotto nelle regole enunciate da Guido Viale significa niente ex in lista: “Chi è stato dirigente dei partiti non uno ma due passi indietro”. Identica regola pronunciata da De Magistris e che esclude margini di ricomposizione con transfughi vecchi e nuovi dell’Idv; tipo Donadi e Formisano, che infatti lavorano insieme a tutti gli altri cespugli (socialisti, verdi, Api) cercando di trovare una formula di galleggiamento.

Anche nel caso in cui la legge venga modificata son l’introduzione della soglia al 40 per cento per ottenere il premio (oltre allo sbarramento al 5% e un premietto dell’8 al primo partito se nessuno raggiunge la soglia) i promotori del quarto polo non temono la concorrenza degli appelli al voto utile. E anzi si fregano le mani nella prospettiva di diventare proprio loro “la forza parlamentare determinante per consentire al centrosinistra di avere la maggioranza”, come rivela il vicesindaco di Napoli Tommaso Sodano augurandosi che a quel punto “si possano riaprire i giochi delle alleanze” per entrare in maggioranza.

Sebbene occorra dire che dentro il Pd in questa eventualità si prospetta piuttosto di aprire la maggioranza ai centristi attraverso l’elezione di Monti al Quirinale: uno schema che sarebbe ritenuto una cambiale a favore della solidità e la continuità del governo anche agli occhi degli osservatori e i poteri internazionali. Ne farebbero le spese immediate, magari per riportare Casini sulla scranno più alto di una camera, gli alleati di sinistra che hanno aiutato il Pd a vincere le elezioni, a parti invertite ma con esito analogo a quanto avvenne con la promessa di far rientrare la sinistra del Prc nel governo D’Alema attraverso l’elezione di Prodi al Quirinale. Ma a sinistra in fondo ci avranno fatto l’abitudine.

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