Dolcemente complicate“, anche nell’investimento. La definizione contenuta in “Quello che le donne non dicono”, la canzone interpretata da Fiorella Mannoia, sembra essere applicabile anche al comparto della gestione dei risparmi. Almeno a giudicare dal mini-sondaggio che ho provato a fare tra 13 amiche tra i 30 e i 50 anni, a cui ho inviato una e-mail chiedendo se investissero in qualche strumento finanziario e, se sì, in che tipo di prodotto e se in maniera autonoma o con l’aiuto di qualcuno.

Ho ricevuto una decina di risposte, da cui è emerso un quadro tanto variegato quanto complesso: che c’è chi ha deciso, dietro consiglio del promotore finanziario, di investire in obbligazioni dei Paesi emergenti; chi ha puntato su qualche azione, aiutata nella scelta dalla famiglia; chi ha optato per un fondo pensione integrativo e ha fatto tutto da sola. E poi ci sono donne agli antipodi: ben sei non hanno mai investito un soldo (una lascia che sia il marito a gestire lo spinoso “dossier”), mentre un’altra sceglie in maniera trasversale azioni, obbligazioni e fondi, facendosi consigliare dal promotore e dagli amici.

Posto che il mio esiguo campione non può essere considerato affidabile dal punto di vista statistico, lascio che a tirare davvero le somme sia chi ha modo di analizzare l’approccio all’investimento di un numero di donne maggiore. La società di consulenza indipendente Moneyfarm ha passato al radar le proprie clienti per scoprire che, nella scelta del profilo di investimento, “le donne si rivelano più avverse al rischio e sono più equilibrate, misurate e prudenti“. Al contrario, gli uomini puntano a ottenere rendimenti più alti (in genere più il portafoglio è aggressivo e più si può guadagnare) e quindi risultano “più avventurosi, intrepidi e curiosi”. Giunge a una conclusione analoga anche un’altra società di consulenza, Adviseonly, che ha notato che le investitrici privilegiano “i più prudenti investimenti obbligazionari e monetari” a scapito delle azioni.

In una fase economicamente complessa come quella attuale, con la crisi del debito sovrano europeo che per molti aspetti ha scompaginato le carte del sapere finanziario, lo schema classico che vede le obbligazioni come strumento più sicuro delle azioni ha perso in parte validità. Ci sono, tuttavia, pochi dubbi sul fatto che un titolo di Stato tedesco sia più sicuro di un’azione, di qualunque tipo essa sia. Più complesso il discorso sul debito italiano, ora più rischioso rispetto a qualche anno fa, ma in ogni caso – anche grazie alla contrazione dello spread nell’ultimo anno – più sicuro di molti titoli azionari.

Quel che mi ha colpito, sia nella mia indagine sia in quella delle due società di consulenza, è quanto poco le donne investano rispetto agli uomini. Delle mie 13 amiche non lo fa quasi la metà, mentre Adiviseonly rileva che “le donne, pur costituendo una porzione non trascurabile dei nostri utenti-clienti, sono ancora una componente numericamente inferiore” rispetto agli uomini. Il che ci potrebbe anche stare se non fosse che Moneyfarm fornisce numeri precisi: solo il 7,2% dei clienti è di sesso femminile. “Probabilmente – riconosce Moneyfarm – dobbiamo ancora lavorare per far capire che l’investimento dei propri risparmi non è solo appannaggio degli uomini ma deve diventare un’abitudine anche per quelle donne che vogliono avere il pieno controllo dei propri soldi”.

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