Cinque anni per concussione per i due carabinieri del Noe di Bologna Sergio Amatiello e Vito Tuffariello e per l’imprenditore Marco Varsallona. È la richiesta che arriva dalla pubblica accusa nel processo che vede alla sbarra due sottoufficiali dell’Arma nella vicenda Niagara.

Il caso nacque nel 2008 dalla denuncia del legale rappresentante della Niagara (azienda di Poggio Renatico, in provincia di Ferrara, che smaltisce rifiuti industriali speciali e pericolosi), Mauro Carretta. Il tutto ebbe inizio da un’ispezione del Noe presso la società – nel febbraio 2008 – e si sarebbero protratti fino a dicembre 2009.

La pubblica accusa sostiene che i due militari, il maresciallo Sergio Amatiello e il carabiniere Vito Tufariello, in concorso con Varsallona, indussero Carretta – attraverso pressioni ed intimidazioni sui funzionari dell’azienda – a promettere loro una somma di denaro tra i 20 e i 40mila euro per “ammorbidire” gli effetti dell’indagine a carico suo su presunte violazioni delle normativa in tema ambientale.

In pratica avrebbero prospettato ai vertici dell’azienda che, pagando, avrebbero salvato gli impianti dal sequestro e loro stessi dalle misure cautelari. Il versamento della tangente però non ci fu: Carretta (‘microfonato’, d’accordo con il reparto investigativo dell’Arma di Ferrara) fece un primo incontro con Varsellona, durante il quale pattuì la somma: secondo l’accusa però i due carabinieri mangiarono la foglia e il versamento saltò.

Oltre a questo capo di imputazione, sui militari pendeva anche l’accusa di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, relativamente alla fase della stesura della informativa finale sull’esito delle indagini sull’azienda: i due Noe avrebbero informato due dipendenti della Niagara, Fabiana Cosmar e Davide Gherardi, di intercettazioni a loro carico, promettendo indicazioni utili alla loro difesa.

Nel corso dell’ultima udienza il pm Morena Plazzi aveva chiesto di integrare il capo di imputazione nei confronti dei due militari. Si trattava di una precisazione nella formulazione dell’ipotesi di reato: gli imputati avrebbero indotto Carretta a pagare “anche sotto le apparenze e le forme della adesione a proposte di assistenza/consulenza tecnico-legale attraverso la società di consulenza che i correi stavano costituendo”. Una riprova, in sostanza, che i due uomini dell’Arma stavano per costituire insieme a Varsallona una società di consulenza in materia ambientale. Un’ipotesi che avrebbe, ovviamente, aggravato la loro posizione.

Una riformulazione del capo di imputazione che però non c’è stata, dal momento che le difese hanno chiesto che si tenesse il rito abbreviato: decisione in base agli elementi raccolti fino ad oggi, discussioni a porte chiuse e, soprattutto, riduzione di un terzo della pena in caso di condanna.

Al termine della sua requisitoria il pm Plazzi ha chiesto per tutti e tre gli imputati 5 anni di reclusione per la concussione, più sei mesi per Tufariello per rivelazione di segreti d’ufficio (assolto invece da questo specifico capo d’imputazione Amatiello).

Al termine del proprio intervento il pm Plazzi ha chiesto inoltre la trasmissione degli atti nuovamente alla procura per quel che riguarda la relazione degli imputati con un’altra azienda, Cave Nord, che, nel teorema accusatoria, potrebbe tramutarsi in una “Niagara bis”.

Il processo proseguirà alle prossime udienze con le arringhe delle parti civili e delle difese. La sentenza è attesa per l’inizio di dicembre.

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