La bomba a orologeria sotto le baguettes, sulla copertina dell’Economist dell’ultima settimana, evocava il prossimo “affondamento” della Francia, seconda economia della zona euro. Ebbene, ancora una volta il settimanale britannico si è dimostrato bene informato: la doccia fredda è arrivata ieri in tarda serata. L’agenzia di rating Moody’s ha tolto a Parigi la tripla ‘A’ sui propri bond, come dire il voto più alto assegnato, e ha declassato il debito francese a ‘aa1’. Pierre Moscovici, ministro delle Finanze, è subito intervenuto, scaricando la responsabilità della bocciatura  sulla gestione precedente di Nicholas Sarkozy, ovvero quella al potere prima della sinistra, ai vertici dello Stato con François Hollande dal maggio scorso.

“E’ una sanzione della gestione del passato, che incita il governo attuale a realizzare rapidamente le sue riforme”, ha sottolineato il ministro, prendendo ovviamente di mira l’ex presidente. Due settimane fa l’esecutivo socialista ha varato una riduzione di 20 miliardi di euro dei contributi sociali a carico delle imprese per rilanciare la competitività, vera spina nel fianco dell’economia francese. Moscovici ha poi ribadito ancora una volta che il suo Paese vuole centrare già nel 2013 l’obiettivo del 3% per il rapporto tra il deficit pubblico e il pil. Gli ha risposto a distanza Jean-François Copé, nominato proprio ieri sera segretario dell’Ump, il partito di centro-destra, lo stesso di Sarkozy. “Quello di Moody’s è un annuncio carico di inquietudine – ha detto-. Il governo socialista non manca l’occasione di lavarsi le mani in riferimento a Nicolas Sarkozy. Ma in realtà porta sulle spalle una parte importante di responsabilità per questa bocciatura”, ha sottolineato Copé, diventato ufficialmente capo dell’opposizione e, in teoria, candidato della destra alle prossime elezioni presidenziali nel 2017, sulla scia di mille polemiche. La sua elezione è avvenuta un giorno dopo la chiusura delle urne delle primarie del’Ump, dopo diversi conteggi e accuse reciproche di brogli elettorali con l’altro candidato, François Fillon.

Ma ritorniamo alla decisione di Moody’s. In un comunicato dell’agenzia si legge che “la prospettiva di crescita economica sul lungo termine della Francia è compromessa da una molteplicità di sfide strutturali, tra cui la sua perdita di competitività graduale e sostenuta, e le persistenti rigidità che caratterizzano i mercati del lavoro, dei beni e dei servizi”. Moody’s accenna anche alle riforme messe in cantiere dalla nuova maggioranza, ma sottolinea che raramente negli ultimi anni Parigi è riuscita a portare fino in fondo azioni di questo tipo. Già all’inizio dell’anno un’altra delle big three, Standard & Poor’s aveva deciso di declassare (è stata la prima) il debito pubblico francese, quando Sarkozy e Hollande si affrontavano in una feroce campagna elettorale. Resta ora solo Fitch (che, va ricordato, è controllata da capitali francesi) a mantenere il massimo dei voti per i bond di Parigi, ma potrebbe procedere a una bocciatura già l’anno prossimo. Ormai solo quattro Paesi dell’eurozona (Germania, Olanda, Finlandia e Lussemburgo) mantengono il massimo rating di tutte le tre principali agenzie. Da sottolineare : per quanto riguarda la Francia, Moody’s, oltre a ridurre il voto dalla tripla ‘a’ a ‘aa1’, ha anche mantenuto Parigi sotto osservazione. Insomma, potrebbe decidere a medio termine una nuova bocciatura. E ora? I rendimenti dei bond francesi schizzeranno verso l’alto? Non è detto. Vista la situazione attuale sui mercati, da tempo gli Oat (così si chiamano i titoli di Stato francesi) vengono privilegiati dagli investitori, nonostante le critiche avanzate nei confronti della politica economica del Paese e i rischi che aleggiano sul suo destino. Stamani i tassi sugli Oat a dieci anni oscillano intorno all’1,25%, un punto percentuale in più rispetto alla Germania, ma quasi quattro in meno al confronto con i Btp a dieci italiani, emessi sulla stessa durata.

Articolo Precedente

Crisi Ue, ora la Germania rischia di far slittare l’unione bancaria al 2014

next
Articolo Successivo

Bilancio Ue 2014-2020, anche l’Italia minaccia il veto. Se non sarà equo

next