Un maxi indennizzo di 1,7 milioni di euro arriverà al manager pubblico Giuseppe Bonomi nel caso non venga confermato nella carica di amministratore o direttore generale della Sea, la società per azioni controllata dal Comune di Milano e altri enti locali che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate. La somma potrebbe rendere Bonomi, ex parlamentare della Lega nord, uno dei manager pubblici più pagati d’Italia, dato che nel 2011 ha percepito una retribuzione di circa 900mila euro (incluso un bonus di 260 mila euro).

L’esistenza dell’indennizzo emerge dal prospetto informativo per la quotazione della Sea in Borsa, operazione peraltro piuttosto controversa (leggi l’articolo di Giorgio Meletti). Bonomi, avvocato di Varese, nel 2008 smise i panni di amministratore delegato per evitare il tetto sulle retribuzioni dei manager pubblici e indossò quelli di direttore generale, sottraendosi così al rinnovo triennale del mandato da parte del Comune di Milano.

Per quanto riguarda la retribuzione 2011, Bonomi ha percepito 44.700 euro come presidente (stipendio a cui ha rinunciato dall’agosto dello scorso anno), 600 mila come compenso fisso da direttore generale più un bonus di 262.200 euro (il 43,7% della retribuzione fissa) per il raggiungimento di alcuni risultati aziendali (Sea ha chiuso il 2011 con un utile in calo del 14,6%, un margine operativo lordo piatto e ricavi in crescita del 4,9%). Il contratto da dg prevede che Bonomi abbia diritto ad un bonus fino “al 46% della retribuzione fissa annua lorda legato al raggiungimento di risultati aziendali” che può diventare del 55,2% “in caso di overperformance”.

Nel 2008, pensando a una possibile uscita del manager, il contratto è stato blindato e avvallato dall’allora sindaco di Milano, Letizia Moratti, con “un’indennità risarcitoria forfettaria commisurata alla retribuzione fissa e variabile pari a 24 mensilità”. L’indennità scatta quando “per qualunque ragione e/o causa” cessi il rapporto da consigliere o direttore generale di Bonomi. Un’eventualità che potrebbe realizzarsi l’anno prossimo, quando il consiglio della Sea scadrà.

Il regolamento sulle nomine nelle partecipate adottato dalla giunta del sindaco Giuliano Pisapia, che la scorsa estate aveva invitato senza successo Bonomi a ridursi lo stipendio, prevede un tetto – già raggiunto da Bonomi – di due mandati in Cda. Ma se la quotazione dovesse andare in porto, con la diluizione del comune sotto il 50% e l’uscita della provincia di Milano, l’addio o il ridimensionamento di Bonomi sarebbe meno scontato.

Molto dipenderà, tra l’altro, dal successo della quotazione in calendario per il 6 dicembre, a proposito della quale lo stesso Bonomi stamattina ha garantito che la società per i prossimi tre anni verserà ai propri azionisti “un dividendo generoso” pari al 70% sull’utile. Conferme in questa direzione sono arrivate anche dall’advisor di Banca Imi (Intesa Sanpaolo), Marco Graffigna: “Sea renderà il doppio di un titolo di Stato”.

Il punto sono però le certezze sugli utili futuri di Sea alla luce delle crescente fuga dei passeggeri dallo scalo di Malpensa (-18% in cinque anni), nodo sul quale gli stessi istituti di credito, Intesa inclusa, che stanno curando il collocamento della società sul mercato non sembrano essere molto ottimisti se mentre piazzano i titoli ai clienti a un prezzo più vicino possibile al punto alto della forchetta da loro scelta (4,3 euro per azione) hanno già fatto sapere, con pochiessime eccezioni, che loro non pagherebbero la stessa merce oltre 3,2 euro.

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