Dopo lo sciopero indetto il 14 novembre ho letto i soliti commenti: da una parte il Governo che, ignorando la portata di una protesta che è europea e non solo italiana, parla solo di ordine pubblico, e dall’altra le recriminazioni di quelli che hanno subito la repressione delle forze dell’ordine. Personalmente sto dalla parte di chi protestava, convinta che i metodi della polizia italiana siano assolutamente deprecabili.

Ma il tema per me un altro. In un paese dove la fiscalità è ingiusta, dove la disoccupazione tocca fasce di popolazione fino a qualche tempo fa al sicuro, dove le piccole imprese sono soffocate da un credito che non c’è, dove la pensione diventa un miraggio e dove la scuola pubblica è abbandonata a se stessa (un discorso a parte è quello dell’orario degli insegnanti), il minimo che si può fare è scendere in piazza. È una lotta che unisce le classi più disparate.

L’austerity viene indicata come il “problem solving” per far risalire la china a un continente che implode. Togliere liquidità invece che immetterne è la soluzione per gli “intelligentoni” della Finanza.

Facendo mie le domande di Roberto Lavagna (ministro dell’Economia che salvò l’Argentina dopo il crollo del 2001), che sulle pagine del Fatto ha ribadito l’importanza di politiche che diano ossigeno all’economia, aumentando il potere d’acquisto e tutelando il welfare, mi chiedo se gente come Monti risponda a un piano teso a distruggerci, oppure sia talmente assuefatto all’idea neoliberista che ci ha portato alla catastrofe, che non sia in grado di vedere oltre le stanze del cda di una grande banca.

Non so se tutte le persone scese in piazza abbiano pensato la stessa cosa, ma sicuro tutte sentono il peso di politiche che colpiscono ingiustamente solo alcuni. E se c’è rabbia nelle strade (la protesta è stata anche dura ma non esagererei) ci si deve chiedere perché. “L’Italia bolliva” ha detto la Cancellieri. È perché bolliva Signora Cancellieri? Si dia una risposta!

Esattamente un anno fa, Franco Berardi, detto Bifo, profetizzò un qualcosa che non si è ancora avverato, ma che non va tanto lontano da quello che sta accadendo in Europa, dove intere fette della popolazione fronteggiano impotenti schiere di poliziotti armati: “…nei prossimi anni vedremo ben altro che un paio di banche spaccate e camionette bruciate. La violenza è destinata a dilagare dovunque. E ci sarà anche la violenza senza capo né coda di chi perde il lavoro, di chi non può mandare a scuola i propri figli, e anche la violenza di chi non ha più niente da mangiareLa rabbia talvolta alimenta l’intelligenza, talaltra si manifesta in forma psicopatica. Ma non serve a nulla far la predica agli arrabbiati, perché loro si arrabbiano di più. E non stanno comunque ad ascoltare le ragioni della ragionevolezza, dato che la violenza finanziaria produce anche rabbia psicopatica.”

Bisognerebbe ragionare su  quello che sta accadendo. Quegli stessi che ignorano le ragioni di chi protesta, che si sentono padroni affermando banalità come quella sui giovani choosy, o come il nostro vecchio Presidente del consiglio che nel 2009 affermò  “Siamo in un momento difficile per la crisi del mondo: io sostengo che il peggio è passato”, sono da indicare come i primi colpevoli. La violenza il 14 novembre non c’è stata. Siamo ancora in tempo a prevenirla.

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