Lo incontrai, dopo tanti, anni all’aeroporto di Zurigo. In Consolato mi dissero di andarlo a prendere, perché era senza documenti. Spesso, negli ambienti consolari c’era molta prudenza e nessun console o impiegato voleva lasciare traccia nei rapporti riservati per aver accompagnato un parlamentare comunista. Almeno questo ho sempre pensato io, osservando minuziosamente ciò che è accaduto negli ultimi 15 anni. Nichi Vendola, allora semplice parlamentare membro della commissione Antimafia, insisteva nel ribadire a burocrati della polizia doganale elvetica che il suo tesserino di onorevole fosse valido come documento di riconoscimento, sostitutivo del passaporto o della carta d’identità. La polizia svizzera spiegò che non poteva essere e che bisognava applicare la procedura. Vendola rimase allibito quando gli dicemmo che la procedura consisteva nel pagamento di 40 franchi che gli avrebbe permesso di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo di 48 ore scadute le quali avrebbe dovuto lasciare il territorio elvetico.

Lui si meravigliò quando comprese che la procedura si applicava a chiunque, compreso al parlamentare. Ci disse che era un segno di civiltà enorme, e che immaginare la sua applicazione in Italia sarebbe stata cosa ardua.

Erano i primi anni del 2000, e credo che il ragazzo di Terlizzi comprese con piacere da un poliziotto straniero quanto inutile ed anonimo fosse il tesserino di Onorevole che in Italia rappresentava il documento più desiderato che identificava la casta degli “eletti”. Oggi, infatti, tutti i parlamentari lo nascondono e fanno finta di non possederlo. Si vergognano ad utilizzarlo tra la gente in coda. Da allora ne ha fatta di strada “il ragazzo di Terlizzi” che conoscevo come giovane cameriere a Trani e che aveva colpito tutti con un intervento a un congresso della Fgci.

Oggi quello di Vendola è un brand più che un nome. E’ come la Nutella, il nome è più conosciuto del prodotto. E’ identificativo di trasparenza, di legalità, di efficienza nel governare (ha preso la Puglia sotto le sue ali e l’ha consegnata al mondo come una regione d’eccellenza). Le sue “narrazioni” seducono, ed è considerato all’estero il più obamiano dei leader italiani. A ben considerare gli eventi nella loro evoluzione cronologica, la crescita e il passaggio da Nichi a Vendola, affonda le radici nella sua coraggiosa attività antimafia. La sua affidabilità nasce nell’antimafia per poi espandersi nella capacità di governo collaudata in Puglia. Il suo segreto da governatore? Circondarsi di persone per bene (con la sola eccezione di Tedesco e Frisullo che confermano la regola). Il suo “tridente magico” è costituito da un gruppo di tre assessori (Minervini, Godelli, Gentile) che hanno rivoltato la Puglia nei settori della Cultura, del Welfare, del Turismo e nello Sviluppo sostenibile. A questi si aggiunge Stefano un salentino che sa declinare la A come agricoltura.

Insomma Vendola, anch’egli mito con l’ingenuità tutta moderna del politico fuori dagli schemi, ha dimostrato di saper “lottare e governare”. Ha rotto quello schema di sinistra che rendeva gli uomini ruspa incapaci di porsi al governo delle cose. Ma questo lo si deve ai nostri comuni professori della Facoltà di Filosofia di Bari, dove credo anche il giovane Vendola abbia conosciuto il Marx dei “Grundrisse”, molto diverso da quello de “Il Capitale”. E quando a questo substrato culturale aggiungi la frequentazione diretta di don Tonino Bello, il passo verso il mito è davvero breve. Vendola è un “vivo per caso” (la mafia con lui avrebbe voluto chiudere i conti da tempo.. ) che rende “viva la politica” anche oggi, tempo in cui essa si barcamena tra sepolcri ed effetti speciali. Penso proprio che come una sana fetta di pane e Nutella può dare carica al Paese, quella carica semplice, senza grandi controindicazioni ed effetti collaterali.

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