Ha un nome e un volto l’uomo che fornì l’esplosivo per le stragi di mafia a Firenze, Roma e Milano negli anni 1993-1994. Si tratta di Cosimo D’Amato, 57 anni, di Santa Flavia, in provincia di Palermo, arrestato dagli uomini della Direzione investigativa antimafia di Firenze. Il pescatore – questo il suo mestiere ufficiale – è finito dietro le sbarre perché, come scrive il giudice Anna Favi nell’ordinanza di custodia cautelare, riciclava l’esplosivo dagli ordigni bellici inesplosi della Seconda guerra mondiale e lo rivendeva ai Graviano. Per i magistrati il nuovo colpo al braccio armato di Cosa Nostra rappresenta anche un’ulteriore conferma dell’attendibilità del pentito Gaspare Spatuzza.

Cosimo D'Amato
Cosimo D'Amato

E’ stato lui, infatti, il primo ad aver fatto il nome di D’Amato, indicando a più riprese un certo “Cosimo” che viveva in una piccola località marinara. A Porticelli, per l’esattezza, “dove – ha riferito Spatuzza agli inquirenti – venivano ad attraccare i pescherecci dei mafiosi”. D’Amato è accusato di strage, devastazione e di detenzione di esplosivo, per aver concorso agli attentati, tra l’altro, con i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Filippo e Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro. Secondo l’accusa, l’esplosivo recuperato da D’Amato venne consegnato al commando predisposto dal boss Francesco Tagliavia. Tagliavia è stato l’ultimo boss ad essere stato condannato in primo grado a Firenze, nel 2011, per le stragi. Gli investigatori risalirono a Tagliavia grazie alle testimonianze del collaboratore Gaspare Spatuzza, ex uomo di fiducia dei boss di Brancaccio, che anche in questo caso ebbe un ruolo fondamentale. Così come lo ha avuto per D’Amato, la cui abitazione è stata perquisita dagli uomini della Dia che hanno passato al setaccio anche alcuni fondi e magazzini dove, si apprende da fonti investigative, “sono stati sequestrati interessanti documenti e fotografie sulle quali stiamo indagando”.

E’ in questi magazzini che sarebbero state conservati – una volta ripescati dal mare – i residuati bellici di origine francesi, tedesche e americane dai quali è stato prelevato l’esplosivo per gli attentati di via Fauro (14.5.1993), San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro (28.7.1993), per il fallito attentato allo Stadio Olimpico (23.1.1994) a Roma. E poi ancora via dei Georgofili a Firenze (27.5.1993); via Palestro a Milano (27.7.1993).

Nel corso della conferenza stampa in cui è stata illustrata l’operazione, il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi ha confermato l’impegno degli inquirenti per la ricerca di tutta la verità (“Non ci fermeremo sui mandanti”) e ha ribadito che per la strage di Capaci, per quella di via D’Amelio e per quella del ’93 “è stato utilizzato lo stesso tritolo”. “E’ sempre lo stesso e proviene dallo stesso luogo” ha detto il procuratore capo di Firenze evidenziando come questo arresto “si ripercuote positivamente sulle indagini della Procura di Caltanissetta”.

I magistrati Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi, titolari dell’inchiesta, “sono conoscitori antichi e perfetti di tutti i fatti e ne sono stati gestori ineccepibili”, ha aggiunto il Quattrocchi ricordando che “la gestione di quell’esplosivo finì nelle mani dei Graviano, Giuseppe in particolare, che Spatuzza colloca addirittura in prossimità della strage di Firenze”. Il procuratore capo sottolinea poi una serie di dettagli che avvalorano il racconto di Spatuzza, “ancora una volta fortemente riscontrato”.

“Si tratta di dati oggettivi, confermati dalle dichiarazioni di Romeo. Spatuzza ad esempio – riferisce – ci ha portato a verificare anche la verità di un’altra circostanza: l’uso di un gommone che servì per portare a Palermo un quantitativo di esplosivo che poi fu legato ad una bitta. Siamo andati a vedere se era esistito davvero e la Dia ha trovato il gommone acquistato da Cosimo Lo Nigro”. Ma la rivelazione chiave di Spatuzza è stata un’altra, fatta nel febbraio di quest’anno, quando ha riferito agli inquirenti che “il prelievo dell’esplosivo si faceva tramite Cosimo di Porticello” che era, riportano gli atti, “la persona di nostra responsabilità per prelevare l’esplosivo dal mare. Tutto l’esplosivo viene dalle mani del soggetto che chiamo Cosimo”.

Per capire la mole di tritolo è sufficiente scorrere l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che scrive, in conclusione, che “l’esplosivo complessivamente usato nelle strade di Capaci, Georgofili, Palestro (…) risulta determinabile in 1280 – 1340 chili”. Quello fornito da Cosimo D’Amato, invece, era di circa 900 chili, in cambio del quale non è rimasto a mani vuote. 

 

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