Perdere il lavoro a causa di una gravidanza. Succede in Puglia a tre dipendenti dell’Asl di Bari, cui non è stato rinnovato il contratto a tempo determinato perché incinte. Ordine dei medici e sindacati sono sul piede di guerra, ma l’azienda ha confermato il provvedimento e non sembrano esserci possibilità di ripensamento. Anzi: in futuro il posto di lavoro potrebbe essere a rischio anche per altri 200 dipendenti.

L’ultimo contratto delle tre anestesiste, ora in dolce attesa e disoccupate, è scaduto il 31 ottobre. L’azienda ha rinnovato l’incarico fino al 31 dicembre 2012 a tutti gli altri dipendenti precari, tranne che a loro. E che sia proprio la gravidanza la causa della mancata proroga l’ha ammesso anche l’Asl barese, che in una nota ufficiale ha spiegato come “i motivi eccezionali, straordinari e di spesa che consentono la stipula e la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato sono esclusivamente correlati alla necessità di assicurare la continuità assistenziale (turni, guardie e reperibilità), con particolare riferimento alla emergenza/urgenza, che richiede la piena e immediata disponibilità dei dipendenti”. Un requisito che però un medico incinta riesce garantire almeno fino agli ultimi mesi di gravidanza.

La decisione dell’azienda non è andata giù agli organi preposti a tutelare i diritti dei lavoratori. I sindacati hanno cominciato la loro battaglia, l’Ordine dei medici di Bari ha scritto al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, per chiedere un intervento diretto nella vicenda: “È ora che la politica riprenda a svolgere pienamente il suo ruolo e ripristini la tutela di diritti fondamentali quali il rispetto delle persone, della non discriminazione e del diritto al lavoro”, si legge nella lettera al governatore.

Ed è proprio il presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Omceo) di Bari, Filippo Anelli, a spiegare a Ilfattoquotidiano.it i termini della protesta: “Qui abbiamo tre medici che perdono il lavoro perché sono donne e perché sono incinte: è un’aberrazione del sistema di fronte a cui non si può tacere”. Non sbaglia Anelli quando parla di sistema che non funziona perché la legge, tecnicamente, dà ragione all’azienda: una sentenza del Tar della Lombardia esclude che un rapporto di lavoro a termine possa essere prorogato nel caso in cui la lavoratrice entri in maternità prima della sua scadenza. “Forse non ci sono violazioni, ma la discriminazione resta”, ribadisce Anelli. Che insiste: “Se proprio vogliamo essere fiscali, i contratti a tempo determinato non dovrebbero esistere se non in minima parte. Invece si abusa di un precariato strutturale per mandare avanti i reparti, e poi non si ha alcuna considerazione dei diritti e delle vite dei lavoratori”.

Accuse pesanti, che però il direttore generale dell’Asl, Angelo Domenico Colasanto, rispedisce al mittente. “Nessun diritto è stato leso: le colleghe riceveranno regolarmente l’indennità prevista per la maternità. Ma non era possibile in alcun modo rinnovare quei contratti: è una questione di vincolo di bilancio, ho le mani legate. Ricordo a tutti che la nostra Regione è in piano di rientro”. Una spiegazione che non ha convinto del tutto il sindacato: “Secondo noi si poteva e si doveva fare di più: i problemi normativi si risolvono con il buonsenso, non con le discriminazioni”, sostiene Pino Monno, segretario provinciale sanità della Cgil-Bari.

Quanto all’ipotesi – paventata da Omceo e sindacati – che le tre dottoresse possano incontrare difficoltà a trovare lavoro in futuro, venendo meno la continuità di impiego, Colasanto è categorico: “Su questo possono stare tranquille: restano in graduatoria, perderanno al massimo qualche punto decimale. Il mancato rinnovo non compromette nulla. Anche perché i contratti di cui si discute non esisteranno ancora per molto: l’intenzione dell’azienda è quella di porre fine a questo precariato diffuso e avere dipendenti assunti in pianta stabile, già nel 2013”.

Questa è la buona notizia. La cattiva, però, è che sono a rischio tutti quelli che hanno attualmente un contratto a tempo determinato: “Non ci sarà nessuna stabilizzazione”, garantisce Colasanto. Nei prossimi mesi, infatti, verranno indetti i bandi di mobilità intra-regionale: dal loro esito dipenderà il numero di posti vacanti e di eventuali assunzioni, che avverranno poi tramite concorso.

Così per tutti i 210 precari dell’Asl di Bari il futuro è un’incognita. Mentre il presente delle tre dottoresse che sono già state ‘scaricate’ è più certo: la gioia di un figlio in arrivo, l’incubo della disoccupazione. A quanto pare anche avere un bambino è un lusso che un precario non si può permettere.

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