“Sono spaventati, hanno paura di perdere il lavoro. E io ho paura per tutti loro”, spiegava ai giornalisti il 14 agosto, indicando i suoi operai che si accalcavano ai piedi del palco su cui Mitt Romney aveva appena terminato il suo comizio alla Century Mine di Beallsville, in Ohio. Robert Murray, 72 anni, ceo e padre padrone della Murray Energy, la più grande compagnia mineraria privata degli Stati Uniti, è stato tra i più strenui sostenitori del candidato repubblicano nella corsa alla Casa Bianca, tanto da essere accusato di costringere i suoi operai non solo ad applaudire in quell’occasione Romney, ma a finanziarne la campagna elettorale a suon di migliaia di dollari. “Pena il licenziamento”, avevano raccontato a ottobre due dirigenti della compagnia. Ora, scrive il Washington Post, Murray ha licenziato 163 dipendenti e ha dato la colpa agli americani che hanno votato Obama.

“Se non vinciamo, l’industria del carbone verrà eliminata e la stessa fine farà il vostro lavoro”, scriveva Murray nel settembre 2010, in una delle decine di lettere con cui chiedeva soldi ai suoi dirigenti per finanziare il partito repubblicano. La seconda parte della profezia si è avverata. Mercoledì Murray ha inviato a 50 membri del suo staff una lettera pubblicata dal The Intelligencer in cui annuncia i licenziamenti: 102 alla Utah American Energy, 54 alla American Coal e altri 7 in compagnie satelliti tra l’Illinois e la West Virginia. La colpa? Di Barack Obama e della sua “guerra al carbone”. Il messaggio ha i toni lirici di un’invocazione religiosa, Murray si rivolge a Dio: “Signore, gli americani hanno deciso che l’America dovrà cambiare strada e allontanarsi dai principi indicati dai fondatori”. Ora – continua l’imprenditore – l’America che ha votato Obama è un Paese che ha optato “per la redistribuzione della ricchezza, la debolezza della nazione, per la riduzione dello standard di vita e della libertà personale”.

Nemica dichiarata delle politiche energetiche di Barack Obama, negli ultimi anni Murray Energy, con i suoi 3.000 lavoratori, è stata tra i più importanti donatori del Grand Old Party. Lo scorso maggio il patron organizzò per Mitt Romney una raccolta fondi da 1,7 milioni di dollari e i suoi dipendenti donarono da soli 120mila dollari. E nel 2011 l’azienda, che ha base in Ohio, è stato il secondo maggior contributor nella corsa elettorale che ha portato John Boehner a diventare presidente della Camera dei Rappresentanti. “Riceviamo pressioni continue – raccontava a ottobre un manager della compagnia – e se non contribuisci, il tuo lavoro è a rischio”. E ora che Romney è uscito sconfitto dalla corsa per la Casa Bianca grazie anche al voto di un Ohio che ha scelto di rinnovare la fiducia al presidente, Murray ha deciso di far pagare il conto ai suoi dipendenti.

Con lo scorrere delle righe il tono della lettera si fa sempre più ispirato, Murray cita passi della Bibbia per avvalorare la propria posizione: “Gli acquirenti hanno messo in minoranza i produttori. Per farmi forza ho aperto la Bibbia e in Pietro II, Capitolo 1, versi 4-9 ho letto: ‘Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità”. L’effetto ironico è evidente: Murray parla di carità per giustificare 163 licenziamenti. Quindi l’invocazione: “Signore, ti prego perdona me e chiunque con me alla Murray Energy Corp. per le decisioni che ora siamo costretti a prendere per garantire l’esistenza stessa dell’impresa. Chiediamo la tua guida in questo momento difficile per le decisioni drastiche che verranno prese”.

Il finale ha il tono della profezia, con il magnate del carbone che si dilunga nell’elencare le disastrose conseguenze della vittoria di Obama. I toni si fanno apocalittici. “Cosa vedo nel futuro dell’America – si legge – ‘Drastica riduzione dell’attività economica’; ‘arriverà una carbon tax a finanziare il governo e i suoi beneficiari (i sostenitori di Obama) e ciò comporterà la distruzione totale dell’industria del carbone non più tardi del 2030”. Quindi l’invito: “Dobbiamo essere appassionati e austeri in tutto ciò che facciamo”. L’austerità è già cominciata e altri licenziamenti si profilano all’orizzonte già nei prossimi mesi: “Dobbiamo operare in modalità ‘sopravvivenza’ e risparmiare quanto più possibile”. Il futuro è scritto: “Dovremo ristrutturare completamente la Murray Energy – conclude Murray – e ricostruirla daccapo”.

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