“Il movimento 5 stelle prima o poi deve porsi il problema del governo, perché solo la protesta, solo un’idea generica non porta soluzioni. Adesso si arriva al dunque e voglio vedere quale tipo di proposta ha per i problemi dell’Italia, problemi che si chiamano Europa, Euro, la situazione economica e sociale, la questione dell’occupazione e del lavoro”. Sono parole pronunciate da Pierluigi Bersani appena cinque giorni fa.

Quella di concentrarsi sulle polemiche da campagna elettorale senza parlare di programmi, di fermarsi solo agli slogan senza focalizzarsi sulle proposte, è la stessa accusa che i collaboratori del segretario del Pd rivolgono anche al competitor interno di Bersani, Matteo Renzi: solo rottamazione, in sostanza, senza un programma strutturato, perchè “qua c’è ancora da capire quale Italia ha in mente Renzi, qual è il suo progetto. Ancora non si capisce”.

Peccato però che Bersani sia l’unico dei candidati alle primarie del centrosinistra a non avere ancora pubblicato il suo programma elettorale. O meglio: sul sito della sua campagna elettorale (www.bersani2013.it) compaiono dieci punti (Visione, democrazia, Europa, lavoro, uguaglianza, sapere, diritti, sviluppo, beni comuni e responsabilità) tutti copiati però dalla carta d’intenti della coalizione di centro sinistra, “Italia bene comune”, sia nella versione estesa che in quella “short”. A parte qualche ‘furbata’ da poco, come l’inversione dell’ordine dei paragrafi, qualche parola sostituita con un sinonimo qua e là, e una frase su Monti (“Il nostro posto è in Europa. Lì dove Mario Monti ha avuto l’autorevolezza di riportarci dopo una decadenza che l’Italia non meritava”) che era stata cancellata dalla Carta per non far dispiacere Vendola, il programma del segretario del Pd pubblicato dal suo sito ufficiale è un copia incolla di quei concetti oltremodo fumosi e appunto “generici” – come diceva Bersani a proposito di Grillo – che possono andare bene come terreno comune per una coalizione con personalità diverse (Tabacci e Vendola, per dire), ma che poi avrebbero dovuto essere sviluppati dai singoli candidati in proposte ben circostanziate.

Anche perché al di là dell’errore – formale e sostanziale – di far passare per “propri” assunti che invece avrebbero dovuto essere la base di partenza di tutta la coalizione, Bersani dà l’idea di mandare in soffitta quei pochi punti caratterizzanti della proposta politica di cui ha parlato nei suoi tre anni alla guida del Pd. Che fine ha fatto, per dire, il progetto di tassare il lavoro precario più di quello a tempo indeterminato? Nel programma sul sito di Bersani (versione estesa e versione stringata) si parla genericamente di “contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio”. Stop. E via con il passaggio successivo, altrettanto generico, dove il leader Pd si impegna a “spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti”. Senza ovviamente specificare come.

E dire che alcuni fan del segretario si erano pure divertiti a lanciare sul web un finto sito internet di Matteo Renzi (www.adessomatteorenzi.it) in cui è impossibile cliccare sul “programma”, perché la scritta “leggi” sfugge sempre alla freccia del mouse. Ora chi glielo dice che il loro candidato il mouse lo ha usato eccome? Tasto destro ovviamente, quello del copia-incolla.

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