“Se continua così, meglio chiudere»”. Non vuole essere una resa ma una provocazione quella lanciata da Domenico Di Fatto, preside dell’istituto scolastico Giovanni Falcone nel quartiere Zen di Palermo. “Siamo certi che non sia peggio tenere aperta una scuola che viene continuamente vandalizzata senza che nessuno faccia niente?». Furti, incendi, minacce si sono susseguiti negli anni. Nel quartiere più difficile del capoluogo siciliano, in mano alla criminalità organizzata, e ai danni di un istituto che della legalità cerca di fare un valore. Non solo un nome su una targa. Ma oggi, dopo l’ennesimo attacco, il preside è scoraggiato.  

I vandali sono entrati nella sua stanza, distruggendo il sistema di sorveglianza di cui si era dotato, rubando il computer e forzando i cassetti della sua scrivania. Poi sono andati in segreteria, portando via anche da lì i pc – undici fissi e tre portatili – che stavano chiusi in alcuni armadietti, ora distrutti. Nemmeno il banale materiale di cancelleria è stato lasciato al suo posto. Un bottino che si aggiunge al resto dei computer della scuola, rubati la settimana scorsa. “Non si erano mai spinti fino a tanto – commenta Di Fatto – A entrare nella mia stanza, devastare la segreteria”. Gli altri attacchi, anche più gravi, sono stati per lo più esterni. “Ne subiamo una ventina all’anno”.

“Quattro anni fa alcuni colpi di pistola sono stati sparati davanti la scuola elementare – racconta – . Tre anni fa hanno bruciato la materna e abbiamo dovuto ricostruirla da capo. L’anno scorso hanno rubato l’impianto che avevamo acquistato per organizzare un cineforum pomeridiano per i ragazzi. Poi ci hanno fatto trovare i disegni di bare e croci davanti alla scuola”. Di esempi, Di Fatto, potrebbe farne molti. Ma di spiegazioni riesce a darsene solo una. “Facciamo legalità in un quartiere dove la legalità non esiste. E’ possibile che questo dia fastidio a qualcuno”, dice secco.

L’altra scuola più vicina si trova allo Zen1, “un quartiere di periferia, certo, ma più normale rispetto alle Zen2, dove siamo noi, che è quello che tutti sono abituati a vedere in televisione”. Immagini di palazzoni e degrado, dove i bambini giocano per la strada. Oppure si ritrovano alle attività organizzate dalla scuola in collaborazione con le associazioni di volontari nel quartiere. Lo sport, il cinema se non avessero rubato l’impianto, le settimane della legalità ogni anno dal 2004, persino la visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non si spiega il preside come mai la stessa gente del quartiere, quella che manda i propri figli alla Falcone, possa poi vandalizzarla. Ammesso che si tratti di abitanti dello Zen perché, in questa storia, nemmeno questo dato è stato accertato. “Non lo so, non lo so – ripete Di Fatto – Non abbiamo mai ricevuto minacce verbali, solo qualche anno fa una lettera anonima in cui si diceva ‘Questa scuola deve chiudere'”.

Preside da sei anni, non crede nemmeno che possa esserci qualcosa di personale tra lui e i vandali. “Succedeva anche prima del mio arrivo”, spiega. Ma di aiuti concreti dal Comune di Palermo, in tutti questi anni, non ne sono mai arrivati. “Servirebbe un sistema di sorveglianza 24 ore su 24 – aggiunge – Ma credo non ne abbiano i mezzi”. E intanto il preside pensa di mollare. Se possibile e se nel frattempo nessuna istituzione dovesse attivarsi, dice amaro: “Tolgo il disturbo. Anche perché l’unica soluzione sarebbe bonificare lo Zen – conclude –. Farlo diventare un quartiere normale”.

di Claudia Campese

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