Rai tre, Voloindiretta, ore 23 e 20 del 30 ottobre. Fabio Volo dice ridendo: “A Report hanno scoperto che Di Pietro è proprietario di 56 appartamenti, non comprati con i soldi del partito, comunque insomma … 56 appartamenti. Anche lui come altri politici pare che non ne sappia niente. ….Probabilmente l’ha comprato lui a Scajola l’altro”, segue applauso.

Fabio Volo non ha detto la verità ma la colpa non è sua. Quando Il Corriere della Sera titola: “I rimborsi dell’Idv e le 56 proprietà della famiglia Di Pietro”, le persone comuni sono portate a pensare che si stia parlando di beni singoli, proprietà nel linguaggio comune. Anche Il Corriere non ha colpe: è stato indotto a confondere il concetto di particella di un terreno con quello di ‘proprietà’ dal modo in cui a Report sono state presentate le possidenze del leader dell’Idv. L’equivoco nasce dalla risposta ambigua di Massimo D’Andrea, il consulente (di parte) di Elio Veltri nella causa contro Antonio Di Pietro, all’inviata di Report, che ha portato la brava Sabrina Giannini, a concludere: “togliendo le 9 proprietà della moglie e del figlio Cristiano, le proprietà sono 45, un dato che comprende i terreni, le cantine e i garage”. Il risultato involontario di questo modo di presentare le proprietà di Di Pietro è la trasmissione di Fabio Volo. Le 54 proprietà di Report e le 56 proprietà sul Corriere sono diventate nella testa di milioni di italiani i 56 appartamenti a sua insaputa di Fabio Volo.

Prima di fare paragoni tra la casa al Colosseo di Scajola e le 56 particelle di Di Pietro, sarebbe il caso di fare le visure al catasto. Perché se Antonio Di Pietro ha certamente fatto alcuni errori nella gestione familiare del suo partito, a partire dal modo in cui ha affittato due case della sua società di famiglia, la Antocri, all’Idv, questo non può essere un argomento per farlo passare per un politico che ha comprato decine di case con i fondi del partito. Poche visure catastali al costo di una decina di euro permettono di scoprire che le case intestate ad Antonio Di Pietro e alla sua famiglia (moglie e tre figli) sono dieci e non 56. A queste bisogna aggiungere anche la casa di via Casati della società ’An.To.Cri. per arrivare al massimo a undici appartamenti, più i box e le cantine annesse. Se si esclude la moglie e il primo figlio Cristiano – il patrimonio si riduce a sei immobili: una casa per ciascuno dei due figli minori e tre case per il leader dell’Idv, più quella dell’An.to.cri. Solo sommando le decine di particelle catastali dei terreni di Montenero (in gran parte ereditati dal padre) si arriva alle 45 proprietà, un dato formalmente corretto che però è fuorviante.

Antonio Di Pietro possiede una casa a Bergamo, di 9 vani catastali; una casa a Roma di 8 vani catastali più cantina di 2 metri quadrati; più 56 unità immobiliari a Montenero di Bisaccia, in provincia di Campobasso che però non sono altro che la sua casa di campagna con i 15 ettari di terra circostante. Basta scorrere le particelle degli immobili per scoprire l’equivoco. Al massimo, se vogliamo essere pignoli, possiamo considerare le particelle di terreni e fabbricati di Montenero come due proprietà, essendo due le masserie che la compongono. La ‘campagna’ di Tonino è composta solo catastalmente di 7 fabbricati che però comprendono fienili, stalle, porcilaia e annessi. La parte abitabile, divisa in due masserie, copre una superficie di circa 300 metri quadrati. Una proprietà ragguardevole, in parte ereditata e in parte incrementata con acquisti e ristrutturazioni recenti, ma lontana dai 56 appartamenti dei quali parla Fabio Volo.

Alla moglie Susanna Mazzoleni sono intestate 11 unità immobiliari a Bergamo. Anche in questo caso però siamo di fronte a un terreno a Curno più tre box e tre cantine. Gli appartamenti sono quattro e sono di piccolo taglio. Poi ci sono i tre figli di Antonio Di Pietro. Cristiano ha una casa, un box e un terreno a Montenero di Bisaccia. Mentre i due figli minori, Anna e Toto, non possiedono 15 immobili a Milano ma solo un appartamento a testa. Le restanti particelle catastali sono un box di 56 metri quadrati e le aree urbane dell’intero condominio che risultano intestate ai singoli condomini.

dal Fatto Quotidiano del 3 novembre 2012

 

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