Il 29 settembre a Bologna si è tenuta l’iniziativa ‘Sprecare meno per vivere meglio’, una delle iniziative del progetto Un anno contro lo spreco. Il concetto di spreco è da sempre legato al concetto di Lean Manufactoring, la cosiddetta “produzione snella”. È un concetto chiave nel Toyota Production System che definisce gli sprechi Muda, ovvero attività dispendiose e che quindi non aggiungono valore, oppure attività non produttive.

La riduzione degli sprechi è un modo efficace per aumentare la redditività di un’azienda.

Nel mondo manifatturiero si hanno dei Muda quando si ha: Sovrapproduzione, Attesa non produttiva, Trasporti non efficienti, Scorte eccessive, Prodotti difettosi ecc. Ma questa visione meccanicistica è tipica dell’approccio industriale alla produzione, gestibile e facilmente misurabile in un processo a ciclo più o meno chiuso.

Il concetto di spreco è in realtà molto più ampio e spesso non facilmente classificabile.

Esistono infatti sprechi noti, e per i quali il livello di consapevolezza è già elevato, ed esistono già campagne europee contro lo spreco di alimenti o spreco di acqua. Sullo spreco di alimenti ad esempio col progetto “buon fine” nel solo 2011 Coop ha donato oltre 3.400.000 kg di prodotti, per un valore di oltre 21€/mio ad oltre 827 associazioni no profit sul territorio. Così come inizia a diffondersi la gravità dello spreco di acqua. Secondo l’ultimo studio Istat, tra le cattive abitudini domestiche e soprattutto le perdite del sistema idrico fino al 47% dell’acqua potabile viene dispersa. Infine è di questi giorni la consapevolezza dello spreco legato alla corruzione. La Corte dei Conti stima, solo per l’Italia, una cifra che supera i 60 miliardi di euro.

Ma se ci guardiamo attorno con attenzione vediamo che gli sprechi sono attorno a noi, forse meno noti ma non meno pericolosi:

Lo spreco di territorio.
Lo spreco di risorse.
Lo spreco di relazioni.

È spreco di territorio continuare a cementificare e a fare strade, a non investire in sistemi di intermodalità, a dare le stesse regole per chi costruisce ex novo e chi ristruttura l’esistente: a solo titolo di esempio l’Italia ha perso dal 1970 ad oggi 1/3 degli ettari coltivabili passando da 18 a 12 milioni.

È spreco di energia quando lasciamo le luci accese e a questo magari ci si arriva facilmente, ma è spreco quando per stare in giacca e cravatta in ufficio in pieno luglio teniamo l’aria condizionata a 20 gradi. È spreco quando cambiamo cellulare ogni anno, passando ad un modello del quale si e no useremo il 10% delle sue potenzialità, è quando gettiamo manufatti che potrebbero avere una seconda o terza vita (da un giocattolo ad una bicicletta, da un divano ad un arredo), è spreco quando mandiamo in discarica o termovalorizziamo confezioni che potrebbero essere riciclate.

 Ma è spreco di relazioni quando non sappiamo valorizzare un produttore locale o peggio quando la collettività paga giustamente gli studi ad un ricercatore fino a 30 anni il quale, per mancanza di prospettive, va all’estero. È spreco quando non valorizziamo le migliori risorse e le migliori idee nelle aziende come nella società. 

Ma lo spreco sa tingersi anche di verde: è spreco installare il fotovoltaico su un terreno coltivabile, ed è spreco produrre energia elettrica facendo fermentare in un digestore anaerobico del mais; è spreco produrre un Suv a metano.

Ancora una volta i nostri comportamenti collettivi posso far cambiare le cose, perché se è vero che il mercato segue i consumi, noi determiniamo i consumi. 

 

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