Da quando è nato Mattia ho iniziato a instaurare ottimi rapporti con le ostetriche. Strano che tutto ciò sia avvenuto soprattutto dopo la sua nascita e non durante la mia prima gravidanza. O meglio, un’ostetrica al mio fianco c’è sempre stata, ma solo oggi capisco quanto sia essenziale, per ogni futura mamma, avere al proprio fianco una persona capace di un riscontro empatico che va oltre la sola medicalizzazione. Eppure, in Italia, l’ostetricia è ancora sottovalutato e persino le giovani donne incinte, nell’affannata ricerca del ginecologo ‘migliore’, tralasciano di accostarsi all’ostetrica ‘migliore’, dove per migliore si intende quella più in linea all’idea che una donna ha di sé stessa e del proprio parto. Eppure l’ostetrica è la figura più importante al momento della nascita, dopo quella della madre ovviamente. Pensavo questo quando ho incontrato le donne di Freedom for Birth, Rome Action Group, il primo gruppo di azione militante nato in Italia per promuovere la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne al momento parto.

FreedomForBirthRAGSe dovessi scegliere una parola per definire questo movimento, sarebbe certamente “scelta”. Freedom for Birth Rag, infatti, non intende proporre un modello specifico di parto (vaginale piuttosto che cesareo; naturale piuttosto che con anestesia epidurale, etc..), bensì affermare il diritto della donna di scegliere come e dove partorire.

In altri termini, riconoscendo che la violenza sulle donne può avvenire anche al momento del parto, promuove il diritto di ognuna a compiere una scelta consapevole, qualunque essa sia.

“Noi consideriamo la negazione del diritto di scelta delle donne al parto una violenza sulle donne e come tale va combattuta. La pratica di interventi medici non necessari e non acconsentiti costituisce un abuso e un’intollerabile negazione dei diritti della persona”, scrivono sul sito.

In tal senso il diritto di scelta deve essere sempre salvaguardato a prescindere dal contenuto della scelta stessa: è quest’ultima il valore assoluto, non un modello di parto rispetto a un altro.

Le incontro per la prima volta a casa di una di loro. Non ci sono solo ostetriche, ma anche avvocate, psicologhe, artiste ed esperte della comunicazione. Sono tutte donne, per altro di nazionalità diverse, ed è proprio questa interazione tra professionalità, competenze, attitudini e percorsi, a fare la differenza. Molte di loro si erano viste al Melograno di Roma il 20 settembre scorso, in occasione della prima mondiale del documentario Freedom for Birth.

“Quel documentario – mi racconta Virgina Giocoli, avvocato – ha avuto, su tutte noi, un effetto immediato: nel mondo ci sono donne coraggiose che stanno denunciando gli abusi subiti al momento del parto. Abbiamo subito sentito il bisogno di partecipare a questa mobilitazione internazionale, soprattutto alla luce dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo sul caso Ternovszky che, riconoscendo ‘il diritto delle donne di scegliere dove e come partorire’, segna un punto di svolta. Ritornarcene a casa dopo aver visto quel documentario, ci sembrava impossibile, anche perché gli Stati aderenti alla Convenzione, potrebbero non cambiare nulla nelle proprie legislazioni”.

Hanno così deciso di incontrarsi subito per creare un movimento che fosse non solo di diffusione della cultura dei diritti umani delle donne al momento parto, ma anche di denuncia e di azione concreta.

E’ nato così Freedom for birth, Rome Action Group LOGO, con l’obiettivo di promuovere la riscoperta, da parte delle donne, delle capacità di partorire (innata e preesistente a ogni protocollo) e di diffondere la cultura della libera scelta e del diritto a esprimere un consenso consapevole ed informato al momento del parto. Questa idea si basa sull’assunto che una donna consapevole delle proprie risorse è più capace di interagire con il personale medico e ostetrico, ed è in grado di mantenere un ruolo attivo durante il parto.

“La donna che ritrova fiducia nella propria capacità di partorire – scrivono le attiviste nel loro blog – può superare la paura del parto, accogliere l’intima esperienza del dolore e, naturalmente, abbattere l’immagine stereotipata del parto come sofferenza fine a sé stessa, immagine che ha dato alla cultura della medicalizzazione il terreno fertile su cui attecchire”.

Sul piano pratico Freedom for birth RAG vuole sostenere le donne che devono partorire e assistere quelle che hanno partorito nella comprensione dei motivi che hanno portato a una eccessiva e imposta medicalizzazione al momento del parto, fornendo loro anche supporto psicologico e di assistenza legale.

In sostanza, la medicalizzazione del parto non è esclusa a priori ma deve essere una extrema ratio, una necessaria e inevitabile risposta alle esigenze di salvaguardia della donna e del nascituro. Esigenze reali, dichiarate e documentate. Ed è legittima soltanto se frutto di una libera scelta.

Questo perché non si può imporre un modello di parto o un modo di affrontarlo: l’esperienza del parto è personale e, quindi, personale e inopinabile è il modo di viverlo.

Il 9 novembre prossimo Freedom for Birth, Rome Action Group parteciperà al primo importante evento pubblico da quando è nato il movimento. Sarà alla Casa internazionale delle donne di Roma, nell’ambito dell’iniziativa Libere di scegliere. Il 25 novembre saranno invece alla Città dell’Altra Economia di Testaccio (Largo Dino Frisullo) per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Due eventi per confrontarsi, ascoltarsi, fornire informazioni e sostegno concreto. E un’occasione per chiedere finalmente alle donne: hai avuto il parto che volevi?

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