In politica l’impotenza si manifesta con gli sbraiti. Non sentirete mai la Merkel, Obama o Hollande inveire o dare in escandescenze. Quando lo sbraito si trasforma in raglio, l’impotenza è già agonia.

Il nuovo rabbioso videomessaggio, a mio avviso, mette a nudo il pactum sceleris che Berlusconi credeva di avere siglato quando un anno fa, annaspando in un oceano di ludibrio in Italia e all’estero, accettando di farsi estromettere da Palazzo Chigi. L’abbandono senza traumi istituzionali del governo fu concesso a fronte di due garanzie:

1) Mediaset non avrebbe subito conseguenze e quindi le artiglierie mediatiche sarebbero rimaste intatte per la campagna elettorale del 2013;

2) Un salvacondotto su tutti i processi pendenti per potersi ripresentare agli elettori, dimentichi dei disastri commessi in tandem con Tremonti, senza stigma giuridico di sorta.

Era filato tutto liscio. Persino il processo Ruby si stava trasformando, nel disinteresse annoiato dei media, in una risibile pochade. La doccia artica della condanna per frode fiscale è stata brutale. Probabilmente ne aveva avuto sentore e aveva cercato a modo suo di rafforzare il patto offrendo le contropartite politiche del “passo indietro” e il supporto a Monti, strombazzato urbi et orbi.

Invece chi avrebbe siglato, o fatto credere di aver siglato il patto, non è in grado di onorarlo oppure semplicemente ha valutato che data la situazione non est servandum. Monti è stato serafico: il suo bis non necessita del satiro e il lui sfoga la sua impotenza su un governo ancora più impotente.

Ecco il motivo degli sbraiti raglianti: la consapevolezza di essere stato giocato o comunque di essere in balia di sommovimenti che travalicano la sua capacità di influenzarli. Mentre si infervora sul patetico proposito di vendicarsi per l’umiliazione subita da Merkel e Sarkozy persino i Cicchitto (dicasi Cicchitto) scuotono la testa e preparano le siringhe con i sedativi. Addirittura Alfano, stufo di assaggiare periodicamente le suole delle scarpe zeppate, medita di dimostrare che anche un minus quid habens nel suo microcosmo si incazza.

L’ultima certificazione dell’impotenza è arrivata proprio dagli investitori internazionali che un anno fa guardavano angosciati le convulsioni finali dei ministri e delle ministre berlusconiane. Lunedì dopo aver letto degli sfracelli promessi hanno alzato il sopracciglio giusto il tempo di avere la conferma che la partita sull’Italia non si gioca a Roma, ma tra Bruxelles, Washington e Francoforte.

Ormai hanno intuito che questa buffonata chiamata pomposamente Legge di Stabilità prodotta dal mesto burocrate il cui cognome coincide, a parte la vocale finale, con quello di un comico di successo serve solo a rinviare le scelte. L’agenda Monti non esiste. Al massimo è il cucchiaio con cui il prossimo governo di qualsiasi colore somministrerà la medicina preparata altrove. Gli annunci sconclusionati a cui ci ha abituato il Prof. Pomposo sono solo i tentativi di tenere in piedi l’impalcatura di incompetenza e di complicità su cui si reggono in questo paese caste cricche e cosche, destinata a crollare appena si andrà con il cappello in mano a chiedere i soldi della Bce.

Infatti il voto in Sicilia (regione da tempo in bancarotta), ha messo in luce il vero nodo della questione: i soldi per pagare servi e clientele sono finiti. L’astensione segnala che l’elettorato abituato ad essere pagato a suon di prebende, sussidi ed elemosine è attonito e disorientato. Non sentendo il tintinnare provenire dalla borsa della spesa pubblica qualcuno spera negli sbarchi a nuoto, altri si illudono che una faccia nuova compia il miracolo, la maggior parte aspetta di ricevere gli ordini da un comando ormai eclissato.

Ma, come nel 1993, con le casse vuote il regime di cui Monti ha cercato di garantire la sopravvivenza si sconquasserà nei prossimi mesi seppellendo sia i Bersani che credono di aver vinto in Sicilia, sia il Berlusconi furioso già abbandonato dai servi. Fra poco sara’ il turno delle amazzoni segnate da un destino che rievoca quello delle colleghe di gheddafiana memoria.

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