Si intitola “Glossario 5 stelle”. È il comunicato che l’ufficio stampa dei grillini milanesi ha inviato agli organi di stampa dopo il successo del movimento di Grillo in Sicilia. Tema: i vocaboli da usare, e quelli da evitare, negli articoli che parlano di loro. In particolare, gli attivisti se la prendono con un pezzo del Sole24ore.com, titolato “Vince Crocetta, ma il Cinque stelle è primo partito”. Apriti cielo. “Parole come “partito” e leader sono pertinenti alla politica tradizionale, quindi altro da noi”, scrivono i grilli milanesi. E ancora: “Alla luce dell’enorme cambiamento proposto dal MoVimento 5 stelle è necessario che il vocabolario di riferimento usato dai media sia coerente e corretto”.
 
Toni che nulla hanno a che fare con la democrazia e la libertà di stampa, che spiace ritrovare in un movimento che si propone di restituire la politica ai cittadini. Forti del 15% in una Sicilia con il 52% di astenuti, e convinti che “sempre più spesso – scrivono – da oggi in poi tratterete argomenti relativi al M5S”, i grillini meneghini si permettono consigli che sanno di avvertimenti. “È indispensabile – scrivono nel comunicato – che tutti voi giornalisti, redattori, capo-redattori e direttori poniate la massima attenzione ad evitare parole che non appartengono alla realtà del Movimento”.
 
Inutile ricordare, come ha fatto giustamente il Sole24ore che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” (art. 21 Cost.).
È invece appena il caso di notare come Beppe Grillo, “che non è il nostro leader ma il nostro megafono”, abbia definito le regole per le candidature alle prossime politiche senza consultarsi con voi, cari “attivisti 5 stelle”. L’ennesima decisione dall’alto per un movimento che continua a rivendicare la sua natura “dal basso”. Prima di avanzare assurde pretese da chi è legittimato (come tutti e meno male) a scrivere di voi come meglio crede, perché non pretendete di partecipare davvero alla trasformazione del movimento cinque stelle? La democrazia interna a un partito o movimento che dir si voglia, non è cosa secondaria, né un optional da rimandare a domani. Ad andar bene, c’è il rischio di fare la fine di Di Pietro, chiamato oggi a giustificare bilanci di partito firmati soltanto da lui.
 
A primavera si vota, e le primarie dei cinque stelle rischiano di essere più limitate e limitanti di quelle tanto criticate del centrosinistra. Un’occasione persa di raccogliere la sfida più bella, quella di ripensare davvero i meccanismi della partecipazione alla vita politica. Dove non c’è confronto non c’è democrazia. Dove non c’è discussione sulle regole interne non c’è un movimento. La democrazia non è fatta di glossari per la stampa, di comunicati numero 53. Un bel bagno di umiltà, cari attivisti, è d’obbligo.
Articolo Precedente

Ha ragione la Biancofiore. A meno che…

next
Articolo Successivo

I giornalisti di B. dopo B.

next