Anche Bruno Solaroli, ex parlamentare, sottosegretario e capo di gabinetto del governatore Vasco Errani, è indagato dalla procura di Bologna per la vicenda della segretaria storica di Pier Luigi Bersani, Zoia Veronesi. L’accusa è abuso d’ufficio, perchè Solaroli firmò nel 2008 la delibera con la quale nominò Veronesi “dirigente professional”, e una seconda delibera con cui la nominò responsabile di un incarico ad hoc di raccordo con il Parlamento. L’imputazione nei confronti di Solaroli potrebbe però cambiare, dopo che il pubblico ministero Giuseppe Di Giorgio è venuto in possesso di quei documenti.

Zoia Veronesi, storica segretaria di Bersani, è indagata dalla procura di Bologna per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia Romagna. Secondo gli inquirenti Veronesi, lavorò al fianco di Bersani a Roma, prendendo comunque lo stipendio dalla Regione in un arco di tempo di un anno e mezzo. La cifra contestata alla Veronesi fra stipendi e rimborsi per le missioni a Roma è di circa 150 mila euro.

L’inchiesta che vede coinvolta la segretaria di Bersani e l’allora capo di gabinetto di Vasco Errani in Regione, è nata nel 2010 da un esposto del deputato di Futuro e Libertà, Enzo Raisi e del consigliere comunale di Bologna Michele Facci (Pdl).

Veronesi, dipendente della Regione fino al 28 gennaio 2010, ha sempre lavorato al fianco di Pier Luigi Bersani, e il 27 maggio 2008 fu inquadrata in una nuova posizione dirigenziale per tenere il “raccordo con le istituzioni centrali e con il Parlamento” con una delibera a firma del capo di gabinetto, Bruno Solaroli. Ma la guardia di finanza, coordinata dal pm Di Giorgio, ha appurato che non ci sono tracce della sua prestazione lavorativa a favore della Regione in quel periodo compreso tra il 2008 e il 2009. Quella delibera, insieme a quella che ha nominato Veronesi “dirigente professional”, ha comportato l’iscrizione sul registro degli indagati di Solaroli.

Ma Solaroli, 73 anni, ex parlamentare con il Pci, sottosegretario di Stato nel governo D’Alema, sindaco di Imola e poi capo gabinetto del governatore Errani, è stato tirato in ballo anche nella vicenda Terremerse, che vede indagato proprio il presidente della Regione Emilia Romagna. Filomena Terzini, funzionaria regionale indagata per falso ideologico, insieme a Vasco Errani e un altro funzionario, Valtiero Mazzotti, parla di Solaroli davanti alla guardia di finanza nell’aprile 2011.

Nella vicenda Terremerse il governatore dell’Emilia Romagna scrisse infatti una lettera alla procura, portata sulla scrivania dei magistrati di piazza Trento Trieste da Filomena Terzini e dal collega  Mazzotti. Una lettera con allegata la relazione sul finanziamento alla coop Terremerse di Giovanni Errani, fratello del presidente, scritta da Terzini e Mazzotti in seguito alla lettura su Il Giornale nell’ottobre 2009 di un articolo che raccontava le opacità di quel finanziamento pubblico da un milione di euro.

E la domanda che le fiamme gialle pongono a Terzini riguarda la “variante” di cui si parla nella relazione, cioè la variante al permesso a costruire del 23 maggio 2006, che secondo l’accusa non è una semplice variante, ma un vero e proprio permesso. Fatto che fa supporre l’impossibilità di costruire la cantina di Terremerse entro il termine massimo per avere diritto al finanziamento (il 31 maggio 2006). Sembrerebbe un dettaglio da poco, ma è proprio per aver parlato di variante che Terzini, Errani e Mazzotti sono indagati per falso ideologico. E Terzini risponde che di variante parlò al telefono il Comune di Imola e che “il contatto con il Comune fu l’allora capo di gabinetto, l’onorevole Bruno Solaroli, già sindaco di Imola”. Spiegando agli investigatori che fu sempre Solaroli ad averle detto che “un titolo abilitativo assorbiva l’altro”.

Un fatto quest’ultimo non vero, in quanto il dirigente del settore urbanistica di Imola, Fulvio Bartoli, sentito anche lui dai finanzieri, aveva spiegato che “si trattava di un progetto completamente diverso” da quello previsto dal primo permesso del 2005. Terzini si difende sottolineando che prese per buone le informazioni che le furono date.

Solaroli – che non è indagato per l’inchiesta Terremerse – aveva spiegato a ilfattoquotidiano.it, che si trattava di un semplice parere telefonico, informale, senza dettagli specifici, in attesa del responso dei tecnici del Comune di Imola. 

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