E cosi, si prospetta, come volevasi dimostrare, il ribaltamento delle intenzioni iniziali di chi aveva proposto il ddl sulle diffamazioni, o meglio di chi pensava che la riforma della disciplina portasse con sé solo l’eliminazione del carcere per i giornalisti.
L’intenzione, era sbagliata sin dall’inizio, per il semplice motivo che, per logica prima che per diritto, quando si interviene senza analisi preventiva su temi cosi delicati come la libertà di stampa e i diritti all’onore ed alla reputazione di un individuo, si commette lo stesso errore di chi intende “operare” un paziente ad una mano senza prima aver verificato cosa modificare nel polso, nel braccio e, via via nell’intero corpo.
Il dibattito parlamentare in Senato, sta mettendo in luce le intime contraddizioni del disegno di legge che, solo i semplicisti, chi è in mala fede o vuole far passare sotto silenzio norme ad personam, può pensare di far approdare alla sola eliminazione del carcere per chi diffama. E, tra questi vi è anche chi ha operato sin dall’inizio in base ad un calcolo cinico ed a una logica di salvaguardia dei diritti di bottega.
Il Senato è in stallo: lunedì prossimo vi sarà la ripresa dei lavori, ma già alcune norme sui quali si era trovata l’intesa sono saltate, come quella che sembrava evitata e che invece in caso di condanna  obbliga i giornali a restituire i contributi per l’editoria, così come prevede il comma 2 dell’art. 9 del quale era stata decisa la soppressione con parere favorevole di governo e relatori.
Il voto segreto  autorizzato dalla Presidenza,  in merito all’articolo 1 del ddl, farà il resto.
 
Un grave errore strategico è stato compiuto dagli opinion maker sul disegno di legge nelle fasi iniziali della proposta, e di ciò dovrà farsi carico anche chi nei primi attimi della condanna Sallusti si è stracciato le vesti a difesa di un diritto alla libertà di espressione.
 
Non si possono sacrificare migliaia di morti da buttare sul tavolo della pace per poter strappare delle condizioni vantaggiose nel dopoguerra che seguirà, come sperava inutilmente Mussolini alla vigilia dell’entrata in guerra,  per salvarne uno o pochi più.
E le vittime saranno da entrambe le parti, come in tutte le guerre che si rispettano, diffamati e diffamanti, anzi no questi ultimi la faranno franca, mentre i giornalisti che lavorano ogni giorno e che non hanno centinaia di migliaia di euro da spendere vivranno con il pensiero delle ipoteche, mentre i diffamati non avranno modo di riparare l’offesa in alcun modo.
Ma, la storia, evidentemente non insegna.

Il Fatto Personale

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