Un fiume di lettere scritte ad almeno sette ministri per influenzare la politica del governo. Tutte corredate dallo stemma del fiordaliso del Principe di Galles e firmate “Carlo d’Inghilterra“. Dal 2005 il Guardian chiede che siano rese pubbliche, per provare che da 40 anni l’erede al trono di Elisabetta II esercita pressioni sull’esecutivo in tema di tagli alle forze armate, medicina, urbanistica e agricoltura, violando il rigido ordinamento britannico che prevede che i monarchi debbano restare neutrali rispetto alla politica. Il 18 settembre il Tribunale per la libertà d’informazione aveva ordinato la pubblicazione delle missive, ma ieri il governo ha posto il veto. La motivazione: la divulgazione arrecherebbe danno alla monarchia e al Regno Unito. Ora il Guardian contrattacca: “Trascineremo il governo davanti all’Alta Corte di Giustizia”.

Si combatte nei palazzi di Londra l’ultima battaglia tra chi lotta perché le istituzioni siano trasparenti e il potere, di ogni ordine e grado, che grida alla lesa maestà e difende l’opacità con il coltello tra i denti. Da una parte c’è Carlo, l’eterno rampollo che ama definirsi “a meddling prince“, “un principe che interviene”, ma che preferisce considerare la propria un’azione di “stimolo”. Uno stimolo che il principe ha esercitato per anni invitando segretari di governo alla Clarence House a discutere di politica o vergando di suo pugno le “black spider memos” (le memorie del ragno nero, per la sua particolare grafia), per chiedere a questo o a quel ministro di cambiare idea su questo o quel provvedimento, finanziare questa o quella associazione.

Dall’altra ci sono il Guardian e il giornalista Rob Evans, che, appellandosi alla legge per la libertà d’informazione, 7 anni fa chiese che di quelle lettere ne venissero pubblicate 27, scritte tra il settembre 2004 e l’aprile 2005 e indirizzate al Cabinet Office e ai ministeri di Tesoro, Ambiente, Salute, Istruzione, Cultura e Irlanda del Nord. “Venivano sempre messe in cima alla pila delle pratiche da sbrigare”, ha raccontato al giornale Paul Richards, ex consigliere del governo. Tra i loro mille scopi, quello di favorire i progetti presentati dalle 20 organizzazioni no profit di cui il principe è presidente. Come la Charles’s Foundation for Integrated Health cui, in seguito a pressioni ricevute, il ministero della Salute avrebbe garantito una sovvenzione di 1,1 milioni di sterline. Il 21 febbraio 2010 lo stesso dicastero ammetteva che in vari meeting Carlo aveva spinto perché le medicine alternative, cavallo di battaglia della fondazione (accusata di frode e riciclaggio e chiusa due mesi dopo), entrassero nei programmi del Nhs, il sistema sanitario nazionale.

Ma, secondo Richards, Carlo avrebbe scritto anche all’allora segretario all’Istruzione Ed Balls per criticare le modifiche apportate ai programmi scolastici, arrivando a lobbizzare Yvette Cooper, ex ministro dell’Edilizia, sul design delle nuove ecotown inglesi. Un “bombardamento”, lo definisce il Guardian, che andrebbe avanti da 40 anni a tutto raggio e sul quale il 18 settembre il Tribunale della libertà di informazione ha tentato di gettare uno squarcio di luce. L’attività di lobbying è acclarata. Accogliendo la richiesta del quotidiano, la corte ha stabilito che le lettere devono essere pubblicate perché “è di interesse pubblico – si legge nelle 126 pagine di sentenza – che vi sia trasparenza sui modi e i tempi in cui il principe ha cercato di influenzare il governo”. L’erede al trono “ha usato la sua capacità di intervenire sui ministri per creare e foraggiare le sue organizzazioni e sostenerne i punti di vista”.

Ieri il governo ha gelato gli entusiasmi di chi Oltremanica pretende trasparenza dalle istituzioni. Il procuratore generale Dominic Grieve ha utilizzato il potere di veto concesso all’esecutivo per bloccare la pubblicazione, ribaltando addirittura le accuse: nelle lettere Carlo esprime “punti di vista molto personali” – scrive Grieve nelle motivazioni – che se divulgati potrebbero indurre il governo “ad impegnarsi nella direzione indicata dal principe, finendo per minare la sua posizione di neutralità”. Inoltre “la corrispondenza con i ministri fa parte dell’apprendistato di Carlo in vista dell’ascesa al trono: la pubblicazione comprometterebbe la capacità del Principe di svolgere le proprie funzioni una volta divenuto re”. “Un tentativo di giustificare l’ingiustificabile”, lo stronca in un editoriale il Guardian. Che passa al contrattacco: il giornale, si legge sul suo sito, porterà “il governo di fronte all’Alta Corte per sfidare il veto con l’accusa di aver agito in modo irragionevole”. La battaglia continua.

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