“Le donne? Si allenano molto meglio degli uomini, sono bravissime, ma pochi lo sanno. Per colpa del solito maschilismo italiano”. Parola di Antonio Cabrini, ex terzino della Juventus e della Nazionale, dal maggio scorso allenatore della Nazionale femminile di calcio. Da giocatore ha vinto tutto: sei scudetti e ogni coppa possibile con i bianconeri, ma soprattutto il Mondiale di Spagna del 1982 con la Nazionale. La vita però rotola veloce come e più del pallone, e ora il 55enne Cabrini, noto anche come Bell’Antonio per il volto da attore, allena le ragazze del calcio italiano.

Cabrini, com’è il calcio in rosa? E quanto vale?
“Rispetto a quello maschile le differenze sono minime. Le donne hanno qualcosa in meno in termini di fisicità, ma tecnicamente sono più che valide. In allenamento sono decisamente meglio degli uomini. Lavorano tantissimo, e sono più concentrate dei loro colleghi. ‘Tengono’ di più a livello mentale”.

La Nazionale femminile va a mille. Nel girone di qualificazione agli Europei 2013, nove vittorie e un pareggio.
“Già, e non abbiamo mai preso gol. Questa squadra l’ha costruita Pietro Ghedin (ora ct di Malta, ndr), e l’ha fatto benissimo. Io sto cercando di tenere alto il livello, e di inserire qualche giovane. Ho un bel gruppo”.

Le giocatrici prendono uno stipendio?
“No, soldi quasi zero. Lavorano o studiano, e poi giocano a calcio, per passione. Solo tre giocano all’estero, e lì hanno un ingaggio. Ma fuori dell’Italia il calcio femminile ha un altro peso. Da noi abbiamo 7-8mila tesserate: in Francia sono 35mila e in Germania 73mila”.

Negli Stati Uniti le calciatrici prendono cifre enormi dagli sponsor, compaiono sulle copertine…
“Esatto. Ma anche in Cina o in Brasile sono popolarissime. Da noi, poco o niente”.

Domanda ovvia: perché?
“Mah, per il solito maschilismo italiano: esiste solo il calcio degli uomini. Eppure queste ragazze sanno giocare, eccome. Ma senza risorse e attenzione, è ovvio che sui campi se ne vedano poche. Eppure siamo stati uno dei primissimi paesi a istituire un campionato femminile (nel 1970, ndr)”.

Sia sincero: le azzurre che non prendono soldi si lamentano dei colleghi milionari che vendono e comprano partite?
“Non ne abbiamo mai parlato, ma su cosa pensino non ho molti dubbi. Il calcioscommesse è una brutta pagina che per chiunque faccia sport in modo sano, per passione”.

Non è un grande momento per il pallone italiano, tra scandali e campioni che se ne vanno. Preoccupato?
“Non più di tanto. Dicono che il nostro calcio sia troppo attendistico, poco propositivo, ma agli Europei siamo arrivati in finale, dopo aver battuto nettamente la Germania. E all’estero ci copiano: il Chelsea ha vinto la Champions League giocando all’italiana, con un allenatore italiano”.

Però in Serie A di fuoriclasse ce ne sono sempre meno…
“Eravamo abituati a essere uno dei campionati più ricchi d’Europa. Ma c’è il lato positivo: con meno denaro a disposizione, si è tornati a investire sui giovani. E infatti in Nazionale ne stanno arrivando diversi, bravi”.

Lei è stato un pilastro della Juventus di Trapattoni: vede analogie con quella di Conte?
“La Juventus è una bella squadra e molti meriti sono proprio di Conte: ha plasmato giocatori che erano lì da anni, dando loro una mentalità vincente. Ma per capire se possa vincere tutto, come fece la mia Juve, è presto”.

Tra Zeman e i bianconeri è tornata la burrasca. Lei che ne pensa?
“L’allenatore della Roma è molto bravo a livello mediatico, dice sempre cose da titolo. Di fondo, penso che Zeman ce l’abbia ancora con ex dirigenti juventini che, a suo avviso, l’hanno lasciato fuori dal grande calcio per molti anni”.

Ossia con Luciano Moggi.
“Dirigenti juventini, diciamo”.

Lei ha allenato la Siria (per sei mesi, tra il 2007 e il 2008, ndr): che ricorda ha del presidente siriano Assad?
“Non l’ho mai incontrato, venni ingaggiato dal suo entourage, tramite un procuratore italiano. Mi ricordo un paese affascinante, ma con enormi differenze sociali”.

Se ne andò presto.
“Non c’era l’ombra di programmazione. Dicevano sempre ‘domani’. Ma così non si può fare sport”.

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