Ilaria Negri è una giovane entomologa che nel gennaio 2010 partecipa a un concorso da ricercatore in “Entomologia Generale e Applicata” presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Milano.

Ha tutti i numeri per aspirare a quel posto: ha molti titoli, detiene un brevetto, ha già dimostrato di saper svolgere ricerca ad alto livello, riuscendo a pubblicare i suoi lavori su riviste scientifiche di primo piano come i “Proceedings of the Royal Society of London” e i “Proceedings of the National Academy of Science”, che non di rado ospitano contributi di ricercatori che hanno vinto il premio Nobel.

Il posto viene assegnato invece a una candidata i cui lavori hanno trovato spazio soprattutto su news magazine come “Molini d’Italia” e “Vita in campagna”,  oppure sul “Bollettino di Zoologia agraria e di Bachicoltura”, rivista “fatta in casa” dallo stesso dipartimento universitario cui afferisce la vincitrice, e diretta proprio dal professore che presiede la commissione giudicatrice del concorso.  

La vincitrice risulta inferiore a quasi tutti gli altri candidati secondo ogni ragionevole criterio di selezione. Ma è allieva e collaboratrice del presidente della Commissione, insieme al quale ha scritto circa metà delle sue pubblicazioni. Resoconti dettagliati della disparità tra i candidati si possono leggere qui e qui.

Il conflitto di interessi è macroscopico, ma tutt’altro che eccezionale. Situazioni del genere si verificano molto spesso nei concorsi universitari. I ricercatori precari però raramente si ribellano. Perché sono squattrinati e i ricorsi costano molto, e perché temono ritorsioni. Ilaria invece dice no, e dà fondo ai suoi risparmi per fare ricorso al Tar. Che riscontra gravi illegittimità nel comportamento della commissione: il concorso viene annullato.  

Tuttavia, la procedura si ripete con la stessa commissione, che conferma l’esito precedente. Ilaria non si arrende, ricorre e vince ancora: il Tar annulla anche il nuovo concorso, intima all’Ateneo di cambiare commissione e sospende per la seconda volta la nomina della vincitrice. Che viene invece tenuta in servizio dall’Università di Milano con il ruolo e lo stipendio di ricercatore, a spese dei contribuenti.

Nell’aprile scorso il concorso si ripete per la terza volta, con lo stesso esito delle volte precedenti. Oggi però Ilaria non è più sola a combattere contro i mulini a vento. Un gruppo di ricercatori ha infatti aperto una sottoscrizione pubblica per finanziare le spese del ricorso, su di un sito dal nome molto evocativo: “Soccorso Concorso”.

Al gruppo, chiamato Secs-Team (Secs sta per “scienze economiche e statistiche”), e a Ilaria Negri Report ha dedicato un bel servizio di Giuliano Marrucci.

Nel loro appello si legge che “la storia di Ilaria appartiene a tutti coloro che vogliono un’università diversa, dove i concorsi si vincono per merito, seguendo standard di qualità scientifica riconosciuti internazionalmente.”

Il ricorso di Ilaria, e il suo finanziamento collettivo, permettono di stabilire pubblicamente un principio, e cioè che è ora di cambiare direzione, che il merito scientifico deve essere sempre l’elemento più importante per la valutazione dei ricercatori, che i concorsi servono per selezionare candidati capaci di partecipare al dibattito scientifico internazionale, anziché a garantire uno stipendio a vita (pagato dalla collettività) ai collaboratori personali dei presidenti delle commissioni.

Ilaria ci aiuta a dire ai candidati dei prossimi concorsi, ai ragazzi che cominciano a fare ricerca, a chi segue i baroni perché ha paura di non poter far altro che seguirli, che le carriere si possono costruire diversamente, evitando di essere schiavi di un “padrino” per tutta la vita. Mostriamo di crederci quanto lei contribuendo a una battaglia che non è soltanto sua, ma di tutti.

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