Non rispettate le basilari regole di governo di una società, ma soprattutto, continuate a non voler vedere chiaro nella preoccupante situazione finanziaria della ex Pirelli Real Estate. E ancora, portate avanti operazioni in potenziale conflitto d’interessi. Sono queste, in sintesi, alcune delle ultime accuse formulate dalla famiglia Malacalza al socio Marco Tronchetti Provera nella documentazione riservata pubblicata questa mattina dal sito Indymedia che, nonostante il recente esposto del patron della Pirelli per presunta pirateria informatica dopo la pubblicazione delle prime lettere avvenuta in agosto, continua ad aggiungere dettagli sul durissimo scontro in corso da settimane tra i due azionisti di Camfin, la holding che controlla Pirelli.

“Egregio Presidente, la Sua decisione di non consentire la partecipazione al consiglio odierno mediante sistemi di teleconferenza non mi ha permesso, purtroppo, di partecipare ai lavori. Prendo atto della quotidiana e reiterata divulgazione di notizie e dati (peraltro non forniti ai consiglieri) relativi alle operazioni straordinarie all’esame degli organi esecutivi e del management della società nonché della circostanza che la data del consiglio odierno è stata conosciuta prima dai giornali che dai consiglieri”, scriveva il 10 ottobre Davide Malacalza a Tronchetti Provera, che da ieri è indagato per ricettazione a Milano nell’ambito dell’inchiesta sui dossier illegali confezionati dalla Security di Telecom Italia all’epoca della sua presidenza.

I DEBITI NELL’IMMOBILIARE. Il consiglio a cui si riferisce Malacalza nella lettera che ne ha annunciato le dimissioni, è quello della controllata per l’immobiliare del gruppo della Bicocca, Prelios, già Pirelli Real Estate. Società pressata da debiti per oltre 500 milioni di euro oltre a quelli derivanti dagli investimenti in circa 200 veicoli e fondi partecipati mediamente al 25% sui quali grava un debito di 6 miliardi (1,5 miliardi il pro-quota attribuibile a Prelios). E il cui salvataggio, secondo le trattative avviate in esclusiva in occasione della riunione di cui si parla nella lettera, dovrebbe arrivare da Massimo Caputi, già deus ex machina del carrozzone di Stato Sviluppo Italia (oggi Invitalia) ed ex rappresentante di Francesco Gaetano Caltagirone al Monte dei Paschi di Siena, nonché ex alleato di Emma Marcegaglia nelle attività turistiche. Anche se l’intervento prospettato da Caputi e soci, secondo le indiscrezioni, sarebbe imperniato su una ricapitalizzazione da 135 milioni di euro. Da affiancare a una rivisitazione delle posizioni debitorie, banche creditrici permettendo.

LA CONTINUITA’ AZIENDALE. “Ricordo che nello scorso consiglio di amministrazione avevo espresso il mio serio timore sulla continuità aziendale di Prelios, e avevo affermato che, a mio avviso, preliminare alla valutazione di qualsivoglia intervento era l’esame di una situazione patrimoniale redatta con principi ispirati all’assenza di continuità aziendale (cioè senza i presupposti necessari per il proseguimento dell’attività, ndr): ciò al fine di avere esatta contezza dell’effettiva situazione patrimoniale della società e, quindi, comprendere le reali esigenze di quest’ultima, per poi poter valutare l’idoneità delle operazioni straordinarie in allora allo studio. Ciò, purtroppo, non è stato fatto”, lamenta Malacalza.

IL TEMPO STRINGE. Non solo. Anche nel caso in cui l’intervento Caputi fosse potenzialmente decisivo, la sua offerta non è vincolante, a dispetto del fatto che c’è un fattore tempo che sta venendo trascurato, sempre secondo l’esponente della famiglia “genovese” che tre anni fa era accorsa in soccorso di Tronchetti diventandone socia nelle holding Gpi e Camfin, che stanno a monte della catena di controllo di Pirelli e Prelios, che a loro volta hanno come azionisti di minoranza le Assicurazioni Generali, il loro primo socio Mediobanca  (vicepresidente lo stesso Tronchetti) e la Edizione dei Benetton.

Malacalza, infatti, nota che “dall’esame della scarna documentazione di sintesi inviata in data 21 settembre mi pare di comprendere che Prelios: (i) non ha ricevuto alcuna offerta vincolante e garantita relativa alle operazioni straordinarie su cui, stando al testo della relazione semestrale pubblicata sul sito internet, si basa ‘la capacità della società di operare in continuità’;  (ii) non ha raggiunto alcuna intesa con il ceto bancario in relazione alle suddette operazioni. In questa situazione di perdurante, ulteriore e gravissima incertezza non posso che ribadire la mia proposta di procedere senza indugio alla redazione di una aggiornata situazione patrimoniale applicando i principi contabili propri di una società nelle condizioni di Prelios e alla convocazione dell’assemblea straordinaria per una immediata e adeguata ricapitalizzazione. Quanto sopra, ovviamente, con riserva di ogni azione a tutela dell’interesse sociale”.

Opinione che Malacalza “non muta anche alla luce dei materiali inviati a corredo di quanto sarà discusso al punto 1 dell’ordine del giorno del Consiglio di domani”, come scrive l’imprenditore in una seconda lettera, quella nella quale preannunciava le dimissioni “immediate” dal consiglio di amministrazione di Prelios ufficializzate giovedì 11. “Non vedo argomenti per ritenere che, passati quasi due mesi dal 27 agosto 2012, l’ipotesi di operazioni che sono sul tavolo abbiano ragionevoli prospettive di essere realizzate in tempi e con effetti tali da escludere i dubbi sulle prospettive della società“.

Accuse in parte già formulate e trapelate sulla stampa nelle scorse settimane alle quali il collegio sindacale di Prelios, al termine della riunione del consiglio di giovedì ha risposto ribadendo “quanto già positivamente rilevato in precedenza circa la correttezza del procedimento di formazione delle decisioni consiliari e la sussistenza dei presupposti per l’approvazione della relazione semestrale al 30 giugno 2012″. Il riferimento è ovviamente al delicato tema della continuità aziendale, che l’organismo di vigilanza di Prelios ritiene valido pur proseguendo “nel costante monitoraggio delle questioni evocate” da Malacalza. 

I CONFLITTI D’INTERESSE. Problemi simili nello scontro a monte della catena di controllo di Prelios e, in particolare, nella holding Camfin, dove Malacalza e Tronchetti si trovano su fronti opposti per la diversità di vedute sulla strategia di gestione del debito, con il patron della Pirelli che ha puntato i piedi e ha ottenuto l’emissione, avvenuta ieri, di un bond da 150 milioni di euro per rimborsare entro fine anno 170 dei 420 milioni ricevuti nel 2009 dalle banche, a partire da Unicredit (primo azionista di Mediobanca). Non così Malacalza che avrebbe preferito pagare i debiti con denaro contante attraverso una ricapitalizzazione e che su questo tema nei giorni scorsi si è mosso anche per esposti, come ultimamente va di gran moda in Borsa.

“Ritengo doveroso richiamare il Consiglio a valutare nuovamente e con la massima attenzione la scelta di procedere all’emissione di un prestito obbligazionario convertibile in azioni Pirelli in luogo di un aumento di capitale. La decisione di non percorrere la strada maestra funzionale a un’effettiva riduzione dell’indebitamento di Camfin (ossia l’aumento di capitale) determina infatti un grave ed irreparabile danno in capo a Camfin (e quindi a tutti i suoi azionisti)”, scrive Vittorio Malacalza in un terzo documento pubblicato da Indymedia.

“L’emissione del prestito convertibile sarebbe dannosa anche per Pirelli (con conseguenti effetti negativi sul valore della partecipazione in essa detenuta da Camfin), e ciò, in particolare, perché: a) il convertibile rende la solvibilità di Camfin esclusivarnente dipendente dal flusso di dividendi proveniente da Pirelli”, nota tra il resto l’imprenditore che un anno fa era in corsa per rilevare il San Raffaele di don Verzè al fianco del Vaticano. “Considerata la coincidenza degli organi esecutivi, vi è il concreto rischio che (anche involontariamente) le scelte gestionali di Pirelli non siano orientate al puro perseguimento dell’interesse sociale della stessa, ma tendano invece a garantire (ad es. vendendo asset e/o riducendo gli investimenti) un elevato flusso di dividendi che consenta a Camfin di ripagare il proprio debito”, sottolinea poi ricordando che “nell’arco di 12 mesi (dal giugno 2011 al giugno 2012), l’indebitamento di Pirelli è cresciuto di oltre Euro 900 milioni, a fronte di un aumento del margine operativo lordo dello stesso periodo di Euro 210 milioni circa” e che “proprio per tutelare la Società e i suoi azionisti dai pregiudizi ora indicati, mi sono visto costretto – essendo stati vani i miei richiami – ad impugnare la delibera consiliare del 10 agosto scorso”. 

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