E’ la Italcementi il nuovo caso Ilva scoppiato questa mattina, a cinquanta chilometri da Roma, nel cuore della città industriale di Colleferro, uno dei 57 siti d’interesse nazionale che attendono da decenni una bonifica. Il Noe del Lazio – guidato dal capitano Pietro Rajola Pescarini – ha sequestrato uno dei principali impianti di produzione di cemento del Paese, una gigantesca cattedrale nata e cresciuta a poche centinaia di metri dal centro storico della città in provincia di Roma, ma di proprietà della famiglia Pesenti, da decenni tra i punti di riferimento della finanza italiana con interessi chiave che spaziano da Mediobanca al Corriere della Sera.

Emissioni oltre i limiti consentiti, mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale, esercizio di una parte dell’impianto senza la prescritta Aia: pesanti le accuse che il pm di Velletri Giuseppe Travaglini ha rilevato dopo una serie di controlli, accolte dal gip Giuseppe Cario, che ha disposto il sequestro dell’intero impianto, evidenziando come “il protrarsi di tale situazione costituisca fonte di pericolo generale”. Ora la società bresciana ha dieci giorni di tempo per poter risolvere i tanti problemi che il Noe ha scoperto nelle ispezioni all’interno della fabbrica di Colleferro, prima dell’eventuale fermo degli impianti. Un tempo ridottissimo, un conto alla rovescia arrivato dopo anni di accuse da parte delle associazioni ambientaliste della città e di dati allarmanti pubblicati sugli studi epidemiologici rispetto all’aumento della patologie respiratorie nelle fasce giovanili nella zona.

L’impianto sorge in un’area particolarmente delicata dal punto di vista ambientale, dove sono in funzione due inceneritori – sequestrati a loro volta nel 2009 e poi riavviati dopo un anno di fermo – un polo delle fabbriche di esplosivi e un’intera valle contaminata dai derivati del lindano, la sostanza base del Ddt. Sul funzionamento dell’Italcementi il gip Cario elenca le tante presunte violazioni delle norme ambientali. Alcune prescrizioni dell’Aia rilasciata dalla provincia di Roma non sarebbero state rispettate, con emissioni, nel caso di un camino, che superano i limiti autorizzati; sono poi “ben 14 i camini risultati non conformi alle prescrizioni, in quanto non dotati di prese di campionamento”, rendendo impossibile “eseguire controlli analitici”; e ancora “la possibilità di inoltrare i fumi caldi delle emissioni (…) verso altri punti di emissione determina l’impossibilità del monitoraggio, non avendo la società descritto le modalità di funzionamento dei due forni”. Un quadro definito grave dagli investigatori. Con il decreto di sequestro è stato anche notificato il contestuale avviso di garanzia al direttore dell’impianto Italcementi di Colleferro, Alfredo Vitale, accusato dalla procura di Velletri di aver violato l’articolo 29 del decreto ambientale del 2006. Al momento non risultano altri indagati.

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