È vero, sono molto sobri. Ma alle volte viene da pensare che al posto del sobrio salone dove si riunisce il Consiglio dei ministri potrebbero fare un bel bar. Un bel bancone circolare, con gli sgabelloni alti, cappuccini e brioches la mattina, poi, alle varie ore della giornata, le birrette, il caffè, l’amaro, l’aperitivo. E loro lì, a dare fiato alla bocca, a dire la prima cosa che gli passa per la testa per offrirla sportivamente ai motteggi dei sobri colleghi.

Il sottosegretario Antonio Catricalà è il più spumeggiante intrattenitore del bar sport Governo Monti.Ieri mattina ha rallegrato il rito del cappuccino con un’intervista al Messaggero. Ha proposto un emendamento alla legge anticorruzione per istituire un commissario anti-corruzione. Naturalmente si scherza: c’è già. Era solo per sfottere un altro avventore del bar sport governo Monti, il viceministro Michel Martone. È il padre del ministro prodigio, Antonio, il commissario anticorruzione già esistente, solo che la Civit che presiedeva fino a marzo, “può solo fare una relazione al Parlamento, ed è davvero troppo poco”. Sarà poco, avrebbe potuto commentare qualche ministro nel bar di cui si auspica l’apertura, ma per quel poco papà Martone si prende 180 mila sobri euro all’anno (150 ora che è solo commissario e non più presidente). E lì Catricalà e gli altri tecnici mattinieri si sarebbero spanciati dalle risate.

E invece niente. Tutto rimane affidato alla grigia tristezza delle agenzie di stampa. Che narrano del ministro Passera che fa gli scherzi alla collega Fornero, con un decreto che smonta la sua riforma del lavoro. E di parlamentari di maggioranza come l’ex ministro Cesare Damiano che, complice il clima elettorale, battaglia per smontare l’iniqua riforma delle pensioni che ha appena votato.

E così ieri il ministro Filippo Patroni Griffi ha letto il Messaggero, e la diabolica rivelazione di Catricalà (“L’emendamento l’abbiamo elaborato e scritto il ministro Patroni Griffi ed io e tra poche ore lo consegneremo al Guardasigilli Paola Severino”) gli ha fatto andare di traverso il cappuccino, anche perché prima di papà Martone a non far niente nella gloriosa autorità anticorruzione c’era proprio lui.

Non potendo andare al bar a dirne quattro al collega, si è precipitato a dettare una dichiarazione all’Ansa (alle 8 e 55 era già in rete), per dire che, in sostanza, ogni diversivo serve solo a sabotare la legge anticorruzione. Piccato, Catricalà ha replicato con la più classica excusatio non petita (al bar sport si sarebbe detto autogol, e si sarebbe anche fatto prima): “Lungi da me, rallentare l’iter di questo provvedimento è la mia ultima intenzione”. Per carità, nessun contrasto con Patroni Griffi, sia ben chiaro e “se questa proposta dovesse essere causa di ritardi, allora si può prevedere di inserirla nella legge di Stabilità”. E perché non nel decreto Sanità? Tanto, dove lo metti sta. Papà Martone ci sta deludendo? Ci vuole qualcuno che faccia qualcosa, anche per “non far gravare tutto sull’autorità giudiziaria”. E quindi Catricalà invoca uno sceriffo che “dovrà avere poteri ispettivi effettivi e denunciare i casi di malaffare”. Forse a Ballarò, per non gravare sul magistrato di turno.

Il problema è che questi chiacchieroni in servizio permanente effettivo non sono sventati, ma collegati a interessi ben precisi. Per fortuna ogni tanto litigano e così la democrazia è salva. Se non avesse visto il tentativo di sabotare la legge anticorruzione, Patroni Griffi non avrebbe dettato di prima mattina la sua irosa precisazione. Catricalà è lo stesso che a gennaio tentò di infilare la riforma dell’articolo 18 nel decreto Semplificazioni. Il ministro Elsa Fornero fece l’offesa, perché allora la linea ufficiale del governo Monti era “le priorità sono altre”. Sapete com’è finita. Il governo Monti è composto da gente che fa sul serio. Se si fingono matti è solo per non scoprire i loro veri obiettivi.

Il Fatto Quotidiano, 9 Ottobre 2012

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