E’ passato giusto un anno da quando il Parlamento, con voto bipartisan, confermò – estendendolo, anzi, anche all’e-commerce – il divieto per i distributori di praticare ai consumatori sconti superiori al 15% sul prezzo di copertina dei libri.

Un provvedimento che era apparso, subito, assurdo ai più, anacronistico e dannoso per il mercato ed i consumatori.

Vane e poco convincenti erano, d’altra parte, apparse le giustificazioni di quanti – dopo averlo votato – ne rivendicavano l’importante funzione di tutela dei piccoli librai dalla sicura scomparsa per “colpa” dei grandi distributori online con – questo, almeno, era l’alibi – conseguente incommensurabile sacrificio in termini culturali.

Troppo facile per chiunque capire che si trattava, in realtà, solo del regalo di una casta – quella dei politici – ad un’altra casta – quella degli editori.

Tanto più che, già del 2002, in una segnalazione al Parlamento ed al Governo, l’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato aveva  suggerito “l’eliminazione di tutte le norme che prevedono prezzi minimi di vendita di beni e servizi, incluse le recenti regolamentazioni del sottocosto e quelle che introducono un tetto allo sconto sui libri”.

Niente da fare, Governo e Parlamento avevano prima, per anni, lasciato cadere nel vuoto le indicazioni dell’antitrust e, quindi, deciso addirittura di estendere il divieto di sconto all’online, anziché eliminarlo.

Ora è di nuovo l’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato, in una segnalazione dello scorso 2 ottobre al Governo, a proposito delle liberalizzazioni ancora mancanti, a chiedere allo stesso Governo di provvedere, tra l’altro, alla eliminazione di ogni tetto sugli sconti sul prezzo dei libri.

Inequivocabile quanto scrive l’Agcom: “L’Autorità ritiene che la previsione di tetti massimi agli sconti sul prezzo dei libri possa limitare la libertà di concorrenza dei rivenditori finali, senza produrre sostanziali benefici per i consumatori in termini di servizi offerti o di ampliamento del numero di libri immessi sul mercato. Un sistema di imposizione di tetti agli sconti sui prezzi di rivendita rischia infatti di tradursi in un aumento dei prezzi dei prodotti editoriali che, in un contesto di grave crisi economica quale quello attuale, non può che comportare una riduzione delle quantità vendute, almeno per quella consistente fascia di lettori i cui acquisti sono influenzati dal prezzo. Tale sistema può inoltre consolidare l’esistenza di strutture distributive inefficienti.”

Non solo, dunque, i tetti sugli sconti non fanno bene alla cultura ed al mercato librario ma lo danneggiano addirittura, parola di Autorità Garante.

D’altra parte – aggiunge la stessa Autorità nella sua relazione – “l’esperienza di altri Paesi europei (quali Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio, Finlandia, Svezia ed altri) non consente di concludere che l’assenza di una disciplina di contenimento degli sconti comprometta la sopravvivenza di editori minori e di piccole librerie”.

Inutile aggiungere altro.

Il regalo della politica con la “p” minuscola, all’editoria con la “e” minuscola è smascherato.

Limitare la misura dello sconto sui libri non è mai stato utile a nessuno, se non a qualche piccolo-grande distributore che, così facendo, è stato posto al riparo dai rischi connessi allo strapotere commerciale dei più grandi.

Si è trattato, in altre parole, di un’iniziativa protezionistica, costata chissà quanto al sistema cultura, in nome dell’interessse egoistico di un manipolo di compagni di merenda.

Ora, però, la palla passa al Governo dei tecnici: saranno in grado di liberalizzare davvero – ed in fretta – il mercato dei libri, abolendo ogni sorta di tetto sugli sconti?

Un altro dei tanti banchi di prova che attendono i professori nei giorni che verranno.

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