Stop alle retrocessioni: nella speranza che la novità aiuti a risollevare un campionato in caduta libera, nella certezza un po’ disperata che non si poteva fare altrimenti. La nuova stagione di pallavolo riparte questo weekend in un clima di piena recessione e con una novità clamorosa. La rivoluzione si chiama “Progetto di sostenibilità”: è stato approvato dalla Lega lo scorso maggio, e prevede – come detto – il blocco delle retrocessioni per un anno (estendibili a due) dalla Serie A1 alla Serie A2, e la conseguente diminuzione da quattro a due tra Serie A2 e Serie B1.

È questa l’extrema ratio adottata dalla Federazione per far fronte alla crisi. Che negli ultimi anni ha fatto più d’una vittima illustre, nel campionato italiano: si è portata via la grande Sisley Treviso, 9 scudetti e 4 Champions League nell’ultimo ventennio, adesso naufragata in B2 dopo l’addio dei Benetton e una breve parentesi a Belluno prima del fallimento. E ancora Roma, Genova, Isernia.

Di qui l’idea, senza precedenti in Italia: dare ossigeno alle società in apnea, garantirle la permanenza nella massima serie per almeno un biennio; il tempo necessario a mettere in piedi un progetto centrato sulla valorizzazione dei giovani e l’abbattimento dei costi. La Lega non ha avuto esitazioni nel varare la riforma, il presidente del Coni, Gianni Petrucci, ha applaudito il coraggio: “Complimenti – ha detto a margine della presentazione – non è facile fare questo genere di cose, speriamo bene”.

Già, speriamo. Perché le incognite non mancano. A partire dall’effettiva durata del progetto: nel documento sottoscritto dal Consiglio Federale si parla di un solo anno, l’estensione alla stagione 2013/2014 sarà discussa tra dicembre e gennaio; difficile che si faccia marcia indietro, ma questo elemento di incertezza potrebbe pesare sulla credibilità della riforma.

E poi c’è il grande punto di domanda: quali saranno i suoi effetti sulla competitività del campionato? Il rischio è che molte squadre, venendo meno lo spauracchio della retrocessione, non si preoccupino di allestire una formazione all’altezza; i “criteri di garanzia di qualità tecnica nella composizione del roster” (alcuni paletti nel tesseramento dei giocatori previsti dalla riforma) da soli potrebbero non bastare. Di certo si allargherà la forbice tra le prime della classe e le altre, e questo non farà bene allo spettacolo. I top club, infatti, non erano d’accordo: ma loro – insieme alla nazionale, che ancora raccoglie risultati straordinari – rappresentano la vetrina di lusso di un movimento in realtà in disarmo. I piccoli, in blocco con la Federazione, hanno avuto la meglio.

Adesso la parola spetta al campo. La Serie A1 parte sapendo di non essere più il campionato più bello del mondo, e con la consapevolezza che le prossime saranno stagioni cruciali. La parola d’ordine è sostenibilità, che però non può e non deve significare solo ridimensionamento. Negli ultimi anni la Serie A ha già perso la grande visibilità garantitale dalla copertura televisiva di Sky, e non a caso quest’anno il campionato parte senza avere ancora un main sponsor.

È un circolo vizioso: un campionato ancor meno competitivo potrebbe portare ad un’ulteriore riduzione dell’interesse intorno al mondo della pallavolo. E questo vorrebbe dire affossare definitivamente il movimento. “Può essere – ammette un dirigente di un club della massima serie – ma è anche vero che senza il salvagente del blocco delle retrocessioni molte squadre non si sarebbero proprio iscritte, e il campionato avrebbe fatto ugualmente una brutta fine”. “L’obiettivo dichiarato è quello di contenere i costi e risanare le società investendo sui giovani, ma non è facile: il fatto che in A2 nessuna squadra si sia aggiudicato il montepremi del “Progetto giovani” (un incentivo da 100mila euro per chi avesse tesserato solo atleti italiani under 23, con un massimo di quattro over, nda) la dice lunga. Probabilmente, sarebbe più onesto dire che questa riforma serve a tirare a campare per un paio d’anni, e pregare che i tempi cambino”, conclude. Con il sorriso amaro dei sogni che son desideri. Così, il volley italiano si aggrappa al “Progetto di sostenibilità”. Nell’incertezza che lo porti in salvo, oppure a fondo.

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