Una mediazione sulle regole che non è un accordo. Un numero legale che non è certificato. Un cambio di Statuto, che deve essere certificato. L’Assemblea che oggi torna all’Ergife di Roma (e in cui si vota la modifica dello Statuto per permettere a Renzi di partecipare)  si presenta più o meno così: versioni contraddittorie della Commissione Statuto che si è riunita ieri, dando il via libera preliminare alla deroga, interpretazioni diverse degli eventi, dichiarazioni di vittoria da una parte e dall’altra.

Ma la realtà è che il braccio di ferro andato avanti per tutto il giorno non ha prodotto nessun accordo finale. Tutto rimandato alle prossime settimane: si voterà un mandato al segretario per mediare con i membri della coalizione e gli altri candidati. Un modo per non decidere. Ma ci sono sufficienti paletti e tensioni da far saltare il banco. I bersaniani negli scorsi giorni avevano preparato una bozza che comprendeva – tra le altre cose – l’obbligo di pre-registrarsi in un luogo e in un posto diverso da quello dove poi si sarebbe dovuto votare, l’impossibilità di votare al secondo turno, se non si era votato al primo e un albo degli elettori pubblicato su Internet. Avevano tuonato i renziani, minacciando ricorsi e ventilando pure uscite dal partito. Alla fine, dopo aver parlato con Bersani, Renzi si era detto disponibile ad accettare l’albo degli elettori, purché non online, ma al limite consultabile su richiesta, e il doppio turno, ma aveva detto di no alla pre-registrazione obbligatoria e al divieto di non votare per chi non l’avesse fatto al primo turno. Nico Stumpo, responsabile Organizzazione del partito, a metà pomeriggio ieri offriva la dichiarazione ufficiale: “Nessuna trattativa in corso”. Più un diktat che altro.

In serata Rosy Bindi ha mandato ai delegati i documenti che verranno posti in votazione oggi: il segretario avrà mandato di definire con i membri della coalizione un “manifesto politico” che dovrà essere sottoscritto da tutti (il famoso obbligo di condividere un programma, richiesto da Fioroni). E di definire le regole sulla base di alcuni indirizzi. Rispetto ai punti critici, si legge che ci sarà il doppio turno. Ma non si specifica se al secondo potranno votare anche nuovi elettori. E soprattutto che chi vota dovrà impegnarsi a sostenere l’alleanza alle politiche “sottoscrivendo un appello pubblico per il successo dell’Alleanza stessa ed iscrivendosi all’Albo delle sue elettrici e elettori”. Ma non si parla di albi online. Ancora: “La registrazione potrà avvenire dal 21esimo giorno precedente la data delle elezioni fino al giorno del voto”. Ma non si specifica dove. Per dirla con la Bindi “non è cambiato proprio niente, le regole sono sempre quelle”. Per leggerla con alcuni renziani, sono abbastanza fumose da poter consentire compromessi. Se Gentiloni ribadisce che “portare meno gente a votare è un male per il Pd”, Renzi si muove in virtù di un semplice assunto: più gente vota, più lui è favorito. L’ultimo sondaggio realizzato dall’Swg per Agorà dice che se andassero alle urne di oltre 4 milioni di elettori, Renzi, raccoglierebbe il 29% dei consensi contro il 26%; se invece andassero a votare 3milioni e 300.000 elettori, Bersani raggiungerebbe quota 33%, Renzi si fermerebbe al 29%.

DA QUI si parte per una giornata che eufemisticamente lo stesso Gentiloni ha definito “incerta”: prima si vota questo documento, poi il cambio dello Statuto. Una garanzia per i big del partito, che la tentazione di non permettere a Renzi di partecipare ce l’hanno tutta. Servono 476 voti (nel quale sono compresi anche Lusi o Penatio, per dire). Dopo settimane di concitazione e nervosismo, i bersaniani sono abbastanza certi che il numero legale ci sarà. Intanto i renziani si riuniscono stamattina alle 9 e mezza: il sindaco di Firenze (che invece è in Puglia con il camper) ha bisogno del 10% dei membri dell’Assemblea per presentarsi. Dunque 9.5. I renziani assicurano che loro possono contare su 100-150 membri. Anche questo, tutto da dimostrare. A rappresentare lo sfidante ci dovrebbe essere il numero 2 Roberto Reggi. Ma il bizantinismo democratico colpisce ancora: per la prima volta nella storia del partito, sarà un’Assemblea democratica cui potranno partecipare solo i delegati e gli invitati dalla presidente Bindi. Alla fine, però, pare che Reggi sia stato invitato. I giornalisti non potranno entrare nella sala, ma dovranno assistere da una stanza con le telecamere a circuito chiuso.“Ridiamoci su, via, che è meglio”, ha parodiato Renzi su Twitter.

da il Fatto Quotidiano del 6 ottobre del 2012

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