Ho già scritto su questo blog che per la tanto invocata riforma elettorale siamo fuori tempo massimo. Lo ripeto senza esitazione. Non è solo una questione di decoro o di regole europee. E’ qualcosa di più simile all’indisponibilità di un elefante a ballare il tip-tap. Per questo Parlamento migliorare le regole della rappresentanza a ridosso del voto costituirebbe l’equivalente politico di un’amputazione volontaria. Così come per la legge anti-corruzione che si pretende fare votare dalle stesse camere che hanno accolto e protetto un centinaio di inquisiti e condannati per gli stessi reati che si vorrebbero combattere. Occorre che l’anziano Amleto del Colle prenda atto che il marcio che inquina la Repubblica non è più “qualcosa”, come disse il principe di Danimarca, una malattia circoscritta alla quale porre rimedio con una legge di facciata, ma un male sistemico. Una metastasi.

Mi piacerebbe che si convincano che forse è meglio lasciare perdere anche i servizievoli ministri del nostro governo tecnico che tutto d’incanto ripetono “Ce lo chiede l’Europa”, (Severino, intervistata da Repubblica, 26 agosto 2012). Ma ormai ci spero poco. Abbiamo già visto che il governo Monti può essere abbastanza selettivo per quanto riguarda non solo le regole e le raccomandazioni europee a cui dare seguito, ma anche le sentenze dei tribunali europei. Il ministro Balduzzi si accinge ad impegnare l’avvocatura dello Stato per contestare una sentenza unanime della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che bocciava la legge 40 per violazione del diritto di una coppia romana al rispetto della loro vita familiare. 

Secondo il ministro Cancellieri l’accordo di cooperazione con la Libia che prevede il respingimento dei migranti in mare, firmato a suo tempo da Berlusconi e Gheddafi, è in vigore tale e quale, e questo nonostante la netta condanna dell’Italia da parte della stessa Corte di Strasburgo per avere esposto i migranti respinti grazie a quest’accordo a trattamenti disumani e degradanti.

Nel Lazio, ma anche in altre regioni italiane, ci sono Prefetti che, in rappresentanza dello Stato, spingono per l’apertura di discariche in violazione delle direttive dell’Unione Europea sulla gestione dei rifiuti, mentre poco o nulla è stato fatto dal governo per assicurare standard e pratiche, come la raccolta differenziata, che in altri paesi sono generalizzati da anni. E potrei continuare sulle deroghe all’inquinamento dell’aria, sull’assenza di un piano nazionale per la biodiversità, e molto altro.

Per me suona un po’ strano sentire lo stesso governo che ha imposto alla propria rappresentanza di votare in difformità con gli altri paesi europei in modo da proteggere il Vaticano da una censura per mancanza di rispetto delle norme internazionali anti-riciclaggio, tuonare oggi sull’urgenza di conformarsi alle migliori pratiche europee. C’è da aggiungere che anche se sopravvive all’assalto degli emendamenti, la legge anti-corruzione all’esame del Parlamento rischia peraltro di essere inefficace, in quanto non tocca molti dei problemi elencati dall’organo europeo anti-corruzione, il Greco, come la prescrizione e il processo breve. Potrebbe anche essere dannosa, rischiando di depotenziare il reato di concussione, con molti processi (a politici) in corso.

Lo stesso si può dire per la riforma elettorale. Anzi qui mancano proprio le condizioni per una discussione trasparente e partecipata – il minimo che si può pretendere, trattandosi della base stessa della democrazia. A sentire i rappresentanti politici delegati alla trattativa sulla riforma elettorale, il denominatore minimo che hanno in comune è quello di assicurarsi che nessuno vinca — spianando così la strada al ritorno di un’altra equivoca maggioranza a sostegno del Monti bis.

Invocare una riforma elettorale oggi vuole dire esporre il paese al rischio di ulteriori strumentalizzazioni. Potremmo facilmente ritrovarci con una legge elettorale addirittura peggiore di quella attuale. Non solo, anche riforme malfatte, come una brutta legge elettorale o una legge anti-corruzione zoppicante, rischiano di costituire l’ultimo alibi ai partiti politici — tutti — per non adottare loro regole proprie, come le primarie e l’esclusione dalle loro liste di qualsiasi candidato anche solo imputato di reati assimilabili alla corruzione. Queste regole e questi nuovi comportamenti sono gli unici che potranno facilitare un significativo rinnovamento della politica e del futuro Parlamento. Quello a cui lascerei il compito di darci una buona legge elettorale e una legge anti-corruzione che funziona.

Uno dei primi libri che ho letto quando sono arrivata in Italia, e da cui imparai molto, fu ‘Il Gattopardo‘ di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Rimasi molto colpita dalla frase, “Bisogna che tutto cambi perché tutto resti come prima”,con la quale l’arguto Tancredi commenta l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia. Sarà pure diventata un detto comune, ma la vena di assoluto cinismo che la sottintende, così come la colpevole ammirazione del Principe che l’ascolta, non sembrano pronte ad esaurirsi.

 

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