Le “tasse” rubate e usate per fare la bella vita. Giuseppe Saggese, 52 anni, amministratore delegato della “Tributi Italia spa“, aveva escogitato un meccanismo perfetto per arricchirsi riscuotendo l’Ici e altri tributi. I soldi delle imposte sulla casa (che è stata sostituita dall‘Imu) o sulla spazzatura invece di finire nelle casse pubbliche venivano spesi in auto di lusso, yacht, vacanze da sogno e feste. Per Saggese, originario di Rapallo e amministratore di fatto della società, sono scattate le manette, mentre il gip ha disposto l’obbligo di dimora per altre quattro persone. Quattro sono stati invece denunciati dalla Guardia di Finanza di Genova.

Truffa da 100 milioni di euro. Il danno accertato dagli investigatori è di 100 milioni di euro a carico di 400 comuni italiani, che avevano affidato alla società la riscossione delle proprie entrate. L’azienda, che era di fatto una società fantasma, una volta introitate le somme provenienti dalla riscossione tributaria, anziché riversarle agli enti a cui spettavano, al netto dell’aggio di sua competenza, le tratteneva sui propri conti correnti. I fondi, poi, attraverso rapporti, privi di effettive ragioni economiche con altre società, riconducibili all’amministratore di fatto dell’impresa, finivano nelle tasche di Saggese e dei suoi complici. La “truffa” avveniva grazie a operazioni con imprese collegate, spesso documentate come consulenze o piani di riorganizzazione aziendale ed operazioni societarie di natura straordinaria, come aumenti di capitale e costituzione di nuove società, risultate funzionali, anche queste, a distrarre ingenti somme. Operazioni andate avanti dal 2006 al 2009. Una delle consulenze, per le quali è stato pagato un compenso di circa 2 milioni di euro, ha riguardato l’acquisizione di una società di riscossione brindisina, già indebitata per circa 43 milioni di euro; un ulteriore danno per il patrimonio della stessa società.

La bella vita. L’impresa di riscossione, a causa delle numerose denunce presentate nei suoi da parte di vari Comuni vittime delle sottrazioni e che gli avevano anche revocato le concessioni per l’esazione tributaria, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Roma. L’indagine ha stabilito che almeno 20 milioni di euro sono stati “rubati” alle casse pubbliche. Secondo gli inquirenti il dominus della maxi frode non badava a spese, con prelievi giornalieri dai conti della società anche di 10.000 euro in denaro usato per aerei privati, soggiorni in località prestigiose, feste mondane e concerti.  I prelievi venivano fatti dalla segretaria di Saggese. E’ stata la stessa donna a chiarire agli inquirenti “che i numerosi assegni emessi per 10 mila euro sui conti della Tributi Italia e sottoscritti dalla stessa, venivano cambiati con denaro contante, messo a disposizione del Saggese dalla (segretaria) in una cassaforte, di cui solo i predetti avevano le chiavi”. 

Lavoratori licenziati. Invece molti circa 1000 dipendenti di Tributi Italia spa sono stati licenziati, molti altri sono in cassa integrazione. Alcuni comuni sono arrivati sull’orlo del dissesto finanziario per non aver incassato le imposte. Le misure cautelari sono stati eseguite su ordine del gip del Tribunale di Chiavari, Fabrizio Garofalo, che ha accolto le richieste del pm di Chiavari Francesco Cozzi. “Nonostante l’indubbia redditività dell’attività di riscossione, il gruppo societario negli anni 2008 e 2009 aveva una situazione economica disastrosa, con un migliaio di dipendenti senza lavoro e con enormi debiti con gli enti locali. Ciò – spiega il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza – era sostanzialmente dovuto alla fuoriuscita di enormi somme di denaro dalle casse società”. 

I comuni derubati. La Guarda di Finanza ha sequestrato beni e denaro per 9 milioni e sono state effettuate perquisizioni in varie località, in particolare in provincia di Genova, nella zona del Tigullio, a Roma ed in provincia di Piacenza. I Comuni vittima dalla frode sono in tutte le regioni italiane: Villa Literno (Ce), Scanzano Jonico (Mt), Castel Morrone (Ce), Vibonati (Sa), Caserta, Pomezia (Rm), Augusta (Sr), Frosinone, Capaci (Pa), Priolo Gargallo (Sr), Trezzano Sul Naviglio (Mi), Vercelli (Vc), Limbiate (Mi), San Michele Di Ganzaria, Castelletto D’Orba (Al), Ovada (Al), Stezzano, Foggia (Fg), Benevento. Il 24 febbraio scorso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Palermo aveva condannato la società a pagare al Comune di Piedimonte Etneo oltre 140 mila euro. I magistrati avevano accertato che, tra il 2007 e il 2009 erano stati incassati 340 mila euro ma versati al comune solo 200 mila. La difesa aveva fatto presente ai giudici che nel novembre 2011 la società era stata posta in amministrazione controllata, sulla base della sentenza fallimentare emessa dal Tribunale di Roma, per cui l’azione di responsabilità non poteva procedere oltre nel rispetto della par condicio creditorum. Di diverso parere il collegio giudicante che aveva condannato a pagare anche gli interessi. 

Gli indagati. Gli indagati sono: Mario Ortori, 77 anni, amministratore di Tributi Italia dal 2000 al 2008, Paolo Vito Marti, 64 anni, amministratore dal luglio 2008 al gennaio 2009, Pasquale Froio, 56 anni, amministratore dal gennaio al maggio del 2009 e Paolo Lanzoni 59 anni, dal maggio del 2009 al luglio dello stesso anno, poi Patrizia Saggese, 43 anni, sorella di Giuseppe, Gianfranco Froio, 53 anni, amministratore della Gestor Spa dall’ agosto al dicembre 2008, Anna Anglani, 65 anni, amministratore della Gestor Spa dall’ottobre del 2007 al gennaio del 2008, Giovanni Bucci, 56 anni, amministratore della Gestor Spa fino al giugno 2007 e Pasquale Leobilla, 56 anni, amministratore della Gestor Spa dal giugno all’ottobre 2007. Oltre a Tributi Italia spa, gli inquirenti hanno effettuato verifiche anche su altre società: Istituto Finanziario Europeo Srl, Immobiliare Tributi Italia spa, Fin.sag srl. “Occorre chiarire – argomenta il gip – che dominus effettivo e gestore di fatto delle società suddette era sicuramente Saggese Giuseppe”. I vari amministratori e dirigenti succedutisi nel tempo “in realtà agivano da meri prestanome – si legge – sulla base di ordini e direttive del Saggese Giuseppe che effettuava le scelte aziendali e finanziarie delle società del gruppo, limitandosi gli amministratori di diritto semplicemente a dare esecuzione alle scelte ed ordini del Saggese, percependo somme di scarsa enitità, come fossero dipendenti”.

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