Da quando sono partito per il mio lungo viaggio ‘nell’estremo occidente’ mi sono volutamente tenuto fuori dalla discussione sulla politica italiana. Tuttavia, mentre mi appresto a lasciare la California per New York, ultima tappa del mio viaggio, gli eventi che hanno scosso la regione Lazio e l’intervento di Monti all’Onu sollecitano una breve riflessione.

Osserviamo scandali a ripetizione e comportamenti poco edificanti da parte di diversi esponenti politici. Il clima che si respira, è da fine impero e inizia a somigliare terribilmente a quello di tangentopoli. Il paese nel 1992 si trovava sull’orlo del baratro economico e cosi come allora, in un tale contesto, si svelano con più facilità all’opinione pubblica i sistemi di corruttela che abbracciano il mondo della politica e dell’imprenditoria.

Vent’anni fa la spinta verso il cambiamento e la necessità di riforme strutturali venne messa in ghiaccia; prima ‘dai tecnici’ che si presero cura di importanti ‘fondamentali economici’ senza però avviare il vasto processo di riforme che veniva richiesto dalla base (attraverso una serie di referendum!), poi dall’avvento del populismo di matrice berlusconiana. E così con l’eccezione delle politiche virtuose del biennio 1996-98 che ci portarono al centro della costruzione europea e dell’euro, nessuna riforma strutturale (delle quali avevamo ed abbiamo disperato bisogno) prese l’avvio per due decadi.

Oggi, ci ritroviamo in un contesto abbastanza simile con i partiti tradizionali in crisi irreversibile (a causa della progressiva messa in soffitta delle grandi ideologie e della corruzione dilagante) e l’opinione pubblica in subbuglio. Tuttavia, il macro contesto è drasticamente diverso. Se nei primi anni 90 il nostro ancoraggio al progetto Europeo fu la componente fondamentale per evitare scenari ‘all’Argentina’, oggi la cattiva salute della moneta unica e la mancanza di coordinazione fra i partners Europei contribuisce a spingerci nel baratro.

C’è da stare all’erta. Cosa succederà nei prossimi mesi? Il dopo-Monti (non che il governo Monti stia brillando per iniziativa e riforme strutturali, anche a causa del ruolo di freno giocato dai partiti) appare incerto. Verrà fuori un altro leader populista Berlusconi-style? Torneremo a larghe coalizioni centriste e immobiliste?

Ci sarebbe bisogno di un governo eletto che per cinque anni operi in maniera chirurgica per implementare le riforme strutturali che non possono più aspettare: il riequilibrio della spesa sociale a favore dei più giovani e delle famiglie; l’introduzione di un reddito minimo garantito e di ammortizzatori sociali universali contro la disoccupazione; la lotta senza quartiere all’evasione fiscale; la semplificazione della macchina burocratica per permettere a imprenditori e cittadini di far correre le loro idee; la riduzione degli sprechi e le prebende per molti settori della politica e della pubblica amministrazione; una riforma seria dell’università che permetta di scegliere il personale accademico in modo trasparente e sulla base di criteri internazionali e fornisca agli studenti un servizio adeguato; una riforma seria della giustizia che abbia come obiettivo lo snellimento delle procedure processuali e non l’impunita’ permanente.

Occorre però dimostrare come singoli cittadini e come popolo di essere maturi abbastanza per superare una fase di stagnazione che dura da vent’anni, e finalmente, anche se con grave ritardo, diventare una moderna democrazia. Una democrazia in cui diritti e responsabilità contribuiscano a creare un sistema più funzionale ed equo per tutti.

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