In questi giorni, mentre qualcuno viaggiava in Europa sproloquiando che una parte dei più rappresentativi vini italiani sono ancora semisconosciuti, qualcun altro presentava l’iniziativa dei Best Italian Award: cioè una classifica dei 50 migliori vini d’Italia. O almeno decretati tali. La classifica è stato segnalata dai principali quotidiani e, com’è scritto sul sito del Best Italian Award, è ascrivibile a “un panel di alcuni tra i più importanti professionisti e opinion leader del panorama enologico italiano ed internazionale”. Ovvero, come riporta il Corriere della Sera: il “sommelier campione mondiale Luca Gardini e il critico Andrea Grignaffini. Assieme a loro hanno bevuto e votato i critici Daniele Cernilli e Enzo Vizzari, Raoul Salama (enologo e giornalista della Reveu du vin de France) e il britannico Tim Atkin (master of wine, scrive su The Economist e The Observer)”.

Di fronte a tanto nomini, c’è stare tranquilli. L’iniziativa non pare estemporanea, malgrado il titolo altisonante e l’evidente ammiccamento al mercato internazionale del vino. Peraltro Gardini e alcuni dei medesimi degustatori avevano già, qualche mese fa, sfornato una enciclopedia del vino in cui elencavano i migliori 100 vini al mondo. Con siffatta esperienza, ci sarebbe poco da argomentare.

Eppure, guardando la lista dei “50 Best Italian Wines” che riportiamo a fine articolo, irrompono alcune considerazioni, inarrestabili:

  • Non sembra poco autolesionistico che esperti italiani di vino italiano assegnino il primo posto a un Trebbiano d’Abruzzo. Difatti il Trebbiano d’Abruzzo, vitigno neutro appartenente alla famiglia dei Trebbiani, ossia la varietà più diffusa per quantità e non per qualità nel nostro paese (probabilmente nota sin da Plinio), non è il miglior vitigno d’Italia. E nemmeno il miglior vitigno a bacca bianca d’Italia. Come è indiscutibile che l’Abruzzo non sia la miglior regione italiana nella produzione di vini bianchi. E anzi l’Abruzzo vitivinicolo eccelle nella produzione di vini rossi, come l’azienda Valentini eccelle nell’enologia regionale e italiana. Insomma Edoardo Valentini è stato un viticultore straordinario (e suo figlio Francesco oggi non è da meno) che ha cavato l’eccellenza da una varietà meno talentuosa di altre. il Trebbiano di Valentini è un ottimo vino bianco, anche se non regge il confronto coi più grandi vini bianchi al mondo. Mentre i nostri migliori vini rossi non solo reggono il confronto, ma non hanno paragoni al mondo. E allora perché mettere un Trebbiano di Abruzzo al vertice della produzione vinicola nazionale? Per vezzo di originalità?

“Queste classifiche” commenta Angelo Gaja il produttore di vino italiano più celebre al mondo, curiosamente ignorato dalla classifica “non sono esercizi inutili, perché hanno il merito di portare alla ribalta delle sorprese. E anzi devono portare alla ribalta delle sorprese, per avere loro stessi la ribalta. Ad ogni modo il lavoro di Edoardo Valentini è stato eccezionale, bisogna dargliene atto. Certo è che più si faranno queste classifiche, meno avranno importanza mediatica”.

  • C’è poi l’aspetto della denominazione di origine in cui è prodotto il presunto primo vino d’Italia, il Trebbiano: una DOC che è inopinatamente stimata superiore alle più note DOCG d’Italia, bianche o rosse che siano. Ciò implica che non si sia capito molto nei secoli e decenni che precorrono la classifica. Del resto il concetto di denominazione di origine si innesta, per così dire, su quello di “terroir” che, a sua volta, si innesta su quello antico del “genius loci”. Il “genius loci” più icastico d’Italia è quello del Trebbiano di Abruzzo?

  • Il Sangiovese, vitigno del Chianti e del Brunello di Montalcino, entrambi incarnazioni del “genius loci”più icastico, è stato alquanto bistrattato. Il primo vino fatto con Sangiovese in classifica (al numero 10) è il Brunello di Montalcino Cerretalto 2006 dell’azienda Casanova di Neri che, seppur riavutasi dalle beghe di Brunellopoli, non è la più fulgida incarnazione né di un vino di Montalcino e né di un Sangiovese. Come invece è il Brunello di Montalcino Riserva 2006 di Biondi Santi, che è improvvidamente posto al 24 posto della classifica pur essendo, quell’annata in particolare, uno dei migliori vini mai assaggiati nell’azienda. C’è poi il caso di Soldera, incontestabilmente uno dei migliori produttori di vino in Italia, oltre che uno dei più piccoli, il cui Brunello di Montalcino Riserva 2005 è stato messo in classifica perfino dopo il Barbaresco Riserva 2007 dei Produttori del Barbaresco, ossia una cooperativa di alta qualità, dunque fra i più grossi produttori d’Italia. Alquanto discutibile poi la comparazione di annate diverse perfino fra vini della medesima denominazione.

Forse le classifiche, parafrasando qualcuno, hanno senso solo senza considerare i numeri: dunque senza un solo vincitore. In questo senso ha valore un gruppo di esperti di vino. Come scriveva il padre dell’enologia moderna Peynaud “ognuno degusta secondo la propria competenza, secondo la propria formazione professionale, secondo l’idea che si è fatto del buon vino, cioè in ultima analisi, con il proprio bagaglio enologico e la propria esperienza”.

A volta però, l’esperienza di tutti è l’esperienza di nessuno.

1

Valentini

Trebbiano d’Abruzzo

2007

2

Mascarello Giuseppe e Figlio

Barolo Riserva Monprivato Cà d’ Morissio

2004

3

Tenuta San Guido

Bolgheri Sassicaia

2009

4

 Conterno Giacomo

Barolo Riserva Monfortino

2004

5

Quintarelli Giuseppe

Amarone della Valpolicella Classico

2003

6

Giacosa Bruno

Barolo Le Rocche del Falletto

2007

7

Mastroberardino

Radici Taurasi Riserva

2005

8

Marco De Bartoli

Vecchio Samperi Ventennale

s.a.

9

Ferrari

Giulio Ferrari Riserva del Fondatore

2001

10

Casanova di Neri

Brunello di Montalcino Cerretalto

2006

11

Montevertine

Le Pergole Torte

2008

12

Elio Grasso

Barolo Gavarini Vigna Chiniera

2008

13

Travaglini

Gattinara Riserva

2006

14

Dal Forno Romano

Amarone della Valpolicella di Monte Lodoletta

2006

15

Fattoria Zerbina

Albana Di Romagna Passito Scaccomatto

2008

16

Lis Neris

Tal Lùc

2008

17

Palari

Rosso del Soprano

2008

18

Cavallotto

Barolo Bricco Boschis

2008

19

Zidarich

Carso Vitovska

2009

20

Poggio di Sotto

Brunello di Montalcino Riserva

2006

21

Massolino

Barolo Riserva Vigna Rionda

2005

22

Rizzi

Barbaresco Pajorè

2008

23

Produttori del Barbaresco

Barbaresco Riserva Ovello

2007

24

Biondi Santi Tenuta Greppo

Brunello di Montalcino Riserva

2006

25

Miani

C.O.F. Sauvignon Saurint

2010

26

Case Basse

Brunello di Montalcino Riserva

2005

27

Pietracupa

Greco di Tufo

2010

28

Voerzio Roberto

Barolo La Serra

2008

29

Castello Banfi

Brunello di Montalcino Riserva Poggio all’Oro

2006

30

Ca’ del Bosco

Cuvée Annamaria Clementi Rosé

2004

31

Tenute Sella

Lessona Omaggio a Quintino Sella

2006

32

Villa Bucci

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva

2007

33

Monte Rossa

Cabochon Rosé Riserva

2005

34

Ar.Pe.Pe.

Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse

2001

35

Podere Il Carnasciale

Il Caberlot

2008

36

Barone Ricasoli

Chianti Classico Castello di Brolio Colledilà

2008

37

Vodopivec

Vitovska

2007

38

Il Pollenza

Il Pollenza

2008

39

La Fiorita

Brunello di Montalcino Riserva

2006

40

Rinaldi Giuseppe

Barolo Cannubi San Lorenzo-Ravera

2008

41

Garofoli

Verdicchio dei C. di Jesi Gioacchino Garofoli

2006

42

Polvanera

Primitivo di Gioia del Colle 17

2009

43

Tenuta dell’Ornellaia

Masseto

2008

44

Montevetrano

Montevetrano

2010

45

Borgo del Tiglio

Collio Bianco Ronco della Chiesa

2010

46

Bellavista

Franciacorta Gran Cuvée Pas Operé

2006

47

Le Macchiole

Messorio

2009

48

Antinori

Solaia

2009

49

Marisa Cuomo

Furore Bianco Fiorduva

2010

50

Fino Gianfranco

Primitivo di Manduria ES

2010

 

 

Articolo Precedente

Stroncature preventive, quando non si vuole una sommelier per amica

next
Articolo Successivo

Trattorie friulane a Milano, ecco dove mangiare un frico “doc”

next