Invece che pensare solo a costruire nuove carceri e a innalzare nuovi muri, io proverei a pensare di abbattere (idealmente) i vecchi muri e rendere più trasparenti le carceri italiane. Un carcere aperto sarebbe la prima garanzia per i diritti dei detenuti e per la dignità della polizia penitenziaria.

Per esperienza personale posso dire che le indagini sugli abusi denunciati in carcere sono tra le più difficili, anche perché è quasi sempre impossibile trovare riscontri oggettivi o testimoniali: resta la parola di qualcuno contro la parola di qualcun altro. Sappiamo che vi possono essere condotte scorrette, ma sappiamo anche che alcuni detenuti possono a loro volta scegliere strategie di provocazione e manipolare dei fatti per ottenere trasferimenti o altro. In un contesto così complesso e delicato è difficile distinguere le false denunce dai veri abusi e resta spesso l’amarezza e la frustrazione di non avere accertato con chiarezza la verità dei fatti.

Il carcere è uno spazio dimenticato che spesso rinnega la sua missione di luogo di rieducazione affidatagli dalla Costituzione, per diventare solo il luogo in cui chiudere coloro da cui ci vogliamo separare e di cui ci vogliamo dimenticare. Le vittime di questo sistema non sono solo i detenuti, che vivono spesso in condizioni non rispettose della loro dignità di uomini e donne, ma anche gli agenti e gli operatori, che si trovano a dover gestire situazione di grande stress e di profondo disagio umano.

La trasparenza degli spazi di detenzione, anche attraverso la diffusione di webcam, potrebbe sembrare una provocazione ma per altri versi garantirebbe a tutti che non c’è niente da nascondere e nemmeno ci deve essere e forse potrebbe contribuire a far comprendere che cosa sia il mondo del carcere. Farsi carico dei diritti dei detenuti e di chi lavora in carcere non è una scelta di buonismo ma l’adempimento di un principio costituzionale e una scommessa nel futuro: del singolo che ha sbagliato ma che può essere reinserito e condurre una vita onesta, della società che non deve essere condannata a rivedere perpetuati gli stessi crimini e le stesse patologie.

La trasparenza e l’informazione sono il miglior antidoto al deficit di autorevolezza e credibilità di tutto il sistema istituzionale e in particolare del sistema giustizia.

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