“Ogni mattina, alle 6, facciamo a gara per timbrare il cartellino. E poi, facciamo a gara anche per accaparrarci una sedia. Fino alle 14 rimaniamo con le braccia incrociate, in un capannone vuoto. Non possiamo neppure allontanarci, perché il direttore all’improvviso fa il contrappello. Pensa che, per l’esasperazione, una volta ci siamo messi a zappare il giardino. Si sono presi tutto, pure la nostra dignità. E questo non sarebbe mobbing?”. Parla senza sosta Luigi Ricchiuto, operaio di 56 anni, disilluso della riconversione dell’ultima manifattura tabacchi d’Italia, quella di Lecce, certo di essere stato ingannato da uno strano intreccio tra affari e politica.

Nel 2010, la British American Tobacco ha deciso di delocalizzare la produzione di sigarette e ha chiuso lo stabilimento salentino, che pure, l’anno prima, aveva fatturato 139 milioni di euro di utili. Delle tre aziende individuate a subentrarle, solo mezza ha iniziato a camminare. È la Iacobucci srl, leader nella componentistica per aerei. La Hds srl, che avrebbe dovuto occuparsi di manutenzione di parchi fotovoltaici, ha già licenziato tutti e 22 i lavoratori che aveva assorbito. La Ip srl, invece, pare brancolare ancora nell’incertezza più totale e a pagarne le conseguenze sono i suoi 68 operai, assunti il primo gennaio scorso, sfruttando gli sgravi fiscali. Tra loro c’è Luigi, senza stipendio da luglio.

È per quest’ultima vertenza che, nel pomeriggio di oggi, è stato convocato il tavolo presso il ministero dello Sviluppo Economico. Sono volati gli stracci quando si è appreso che all’appello mancava chi avrebbe dovuto dare le rassicurazioni più importanti: Filippo Piccone, amministratore delegato di Ip, società figlia della Korus spa. Lo stesso Piccone che è senatore del Pdl, coordinatore regionale del partito in Abruzzo, sindaco di Celano (L’Aquila), travolto, sebbene mai indagato, dallo scandalo legato alla ricostruzione post terremoto a L’Aquila. Al suo posto, il direttore di stabilimento, Mauro Scarpone, “in evidente difficoltà”, conferma il segretario provinciale della Cgil di Lecce, Salvatore Arnesano. C’erano stavolta, però, i vertici di Bat. Che il colosso britannico del tabacco ci fosse, s’intende, non è un’elargizione. Quando ha salutato la Puglia, collocando in mobilità 388 operai, ha dato loro garanzia di “piena occupazione, alle medesime condizioni salariali e tramite contratti a tempo indeterminato”.

Del suo “solido” piano di riconversione non sono rimaste, però, che le ceneri. “Eppure Bat si era impegnata a darci un lavoro, non una semplice offerta di lavoro. È per questo che ci ha fatto firmare una liberatoria che la svincola da ogni futura responsabilità. E noi ci siamo cascati. Abbiamo pure rinunciato a 60mila euro di incentivo all’esodo, investendo sull’azienda subentrante”. Ricchiuto non si dà pace. Stando agli accordi siglati in Confindustria, la Ip avrebbe dovuto avviare la produzione di profilati in alluminio il 16 aprile scorso. Da allora è stato un continuo rinvio. Ad ora, non ha neppure chiesto i certificati di agibilità al Comune. In fabbrica c’è il nulla.

Ecco perché i dipendenti non si fidano delle rassicurazioni ripetute anche oggi al ministero dello Sviluppo Economico. Il loro timore è di essere finiti in un ingranaggio perverso, un meccanismo che chiama in causa politici, partiti, parapartiti e lo stesso ministero, che nell’ottobre 2010 invitò addirittura istituzioni e sindacati a “non dare giudizi troppo severi e a non avere preconcetti circa attività ed imprenditori che, comunque, sono interessati ad insediarsi in un territorio in cui generalmente non abbondano le iniziative finalizzate all’impiego dei lavoratori”.

E’ stata la deputata del Pd Teresa Bellanova a sollevare l’interrogativo sugli “intrecci affaristici nazionali”, la cui ombra si sarebbe allungata sul piano di riconversione della manifattura leccese. Esiste, infatti, un fil rouge che lega la Ip-Korus a Bat. Si chiama Magna Carta, la fondazione targata Pdl e che ha come presidente onorario il senatore Gaetano Quagliariello. Entrambe le aziende risultano tra i soci fondatori. Vi è di più. Piccone è annoverato tra i membri del consiglio di amministrazione, mentre il presidente di Magna Carta, Francesco Valli, è stato fino a pochi mesi fa anche il numero uno del cda di Bat. Solo coincidenze? Forse. Quagliariello si è più volte dichiarato estraneo alla faccenda, ma rimane il dubbio che il passaggio di consegne sia maturato in quell’entourage e che sia arrivato dritto dritto in una città che degli azzurri è roccaforte.

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