Il comune di Brescia nega i servizi scuolabus, scuola materna e mensa a una novantina di bambini sinti e rom che vivono nei due campi nomadi della città. La decisione dell’amministrazione è arrivata dopo la constatazione di una morosità da circa 75mila euro per servizi non pagati negli ultimi 5 anni. Un provvedimento annunciato e attuato a pochi mesi dalle elezioni amministrative che la prossima primavera interesseranno la città della Loggia, con l’amministrazione Pdl-Lega a caccia della riconferma.

La sospensione dei servizi comunali ha fatto scattare la mobilitazione delle associazioni che si occupano di integrazione (Opera Nomadi, Fondazione Guido Piccini per i Diritti dell’Uomo Onlus), oltre alla reazione delle opposizioni consiliari (Sel e Idv) e dei sindacati. Tra gli altri anche il segretario cittadino di Sel, Mirko Lombardi, ha passato una mattina al campo nomadi di via Borgosatollo, un luogo incastonato tra l’autostrada e la tangenziale sud, che dista un chilometro e mezzo dalle scuole più vicine, dove si arriva solo percorrendo strade a scorrimento veloce, trafficatissime nell’ora di punta, oltre ad essere prive di banchine e marciapiedi. Strade decisamente poco adatte a far passeggiare dei bambini.

“Lo scuolabus non è arrivato ed allora insieme a loro ho fatto il tragitto di strada, sul ciglio della tangenziale di San Polo, che porta alle rispettive scuole – ha spiegato Lombardi – Le macchine, moltissime per l’ora di punta, ed i camion in piena velocità ti sfiorano, non c’è nemmeno la corsia di emergenza né un po’ di banchina transitabile a piedi, sei proprio sulla sede stradale ed il pericolo è grandissimo”. È proprio per questo che Lombardi ha chiesto l’immediato ripristino del servizio scuolabus: “Il rischio di quel tragitto è altissimo. Mi sono vergognato di essere cittadino di una Brescia che non conosco più. Una Brescia quella di Paroli e Rolfi che se la prende sempre con i più deboli ed in particolare con i bambini. I bambini hanno diritti che prescindono dalle responsabilità dei genitori, la società esiste per questo, per garantire quei diritti senza se e senza ma”.

Secondo il consigliere di Sel con questa decisione l’amministrazione ha segnato un clamoroso autogol: “Ne va della futuro civile e culturale dei piccoli che devono sentire la scuola come il luogo dell’incontro, della crescita e della conoscenza e non come un luogo nel quale sono discriminati per provenienza. Questo è invece il risultato della maledetta sospensione del servizio di scuolabus fatta dal sindaco e dal vicesindaco, con una cattiveria politica e sociale che non trova giustificazione nemmeno nel ritardo dei pagamenti del servizio”.

A questo proposito una nota della Cgil precisa che l’assessorato all’istruzione del Comune di Brescia, da due anni non tiene conto delle dichiarazioni Isee delle famiglie coinvolte: “Essendo indigenti – si legge nel comunicato del sindacato -, così come molte altre famiglie bresciane, avrebbero diritto ad un trattamento conseguente. La negazioni della parità di trattamento rispetto ad altre famiglie che, essendo nella stessa situazione, ricevono i sostegni economici previsti, conferma la volontà reiterata di discriminazione razziale nei confronti delle popolazioni Rom e Sinti, colpendo in modo particolare i minori”.

Non solo da lunedì mattina i bimbi dei campi nomadi hanno dovuto raggiungere scuole materne, elementari e medie a piedi, ma i più piccoli (16 in tutto), sono stati rimandati a casa perché le scuole materne comunali hanno rifiutato l’ingresso, motivando il provvedimento con il fatto che la materna non è una scuola dell’obbligo. A quelli più grandi che invece hanno avuto la fortuna di poter accedere alle strutture scolastiche, l’amministrazione comunale ha negato il servizio di refezione scolastica. In questi giorni le associazioni di volontariato stanno rimediando organizzando dei pranzi all’esterno delle scuole, ma si tratta di un palliativo che con l’arrivo della brutta stagione non potrà più tamponare la situazione.

“Chi pretende di educare le nuove generazioni a suon di proclami e atti discriminatori dimostra di appartenere a quella schiera di populisti istigatori di conflitti sociali e di odio razziale – è il commento che arriva dalla camera del lavoro di Brescia – Gli stessi dovrebbero spiegare alla città, a fronte dei presunti 75 mila euro di debito delle 60 famiglie maturati su più anni, i circa 550 mila euro sperperati in 8 mesi senza controlli e verifiche per una mostra cittadina“.

Il vicesindaco e assessore alla sicurezza Fabio Rolfi (Lega Nord) ha commentato la vicenda rispondendo al quotidiano Brescia Oggi: “A Brescia ci sono centinaia di bambini che vanno a scuola a piedi, in bici o organizzati con il Pedibus: non vedo perché loro non possano fare altrettanto. Esiste un piano di rientro dalle morosità al quale anche i rom e i sinti potrebbero partecipare: io resto dell’idea che la loro sia una morosità volontaria decisamente non più tollerabile”.

Articolo Precedente

Varese, blitz a sorpresa della Finanza. Un negoziante su due non rilascia scontrini

next
Articolo Successivo

Inps gela 200mila pensionati: “Restituire le quattordicesime di 3 anni fa”

next