“Sprechi e inefficienze ci sono ovunque ma la Banca d’Italia è un’eccellenza rispetto alle altre banche centrali europee. Il punto vero è che presto dovrà essere presto riformata in profondità per sostenere l’urto del nascente sistema di vigilanza accentrato nella Bce”. Parola di Donato Masciandaro, docente di economia monetaria e direttore del Centro Paolo Baffi su banche centrali e regolamentazione finanziaria. Pochi in Italia conosco come lui i complessi meccanismi di funzionamento della banca nazionale. Il professore reagisce con una certa indulgenza all’elenco di costi che fanno rima con sprechi. Piuttosto guarda avanti, agli appuntamenti cruciali di settembre a Francoforte dove si discuteranno gli assetti bancari di Eurolandia. E avverte: “Anche i compiti di sorveglianza e controllo andranno a Francoforte e la Banca d’Italia – nella competizione a geometrie variabili tra istituti nazionali e sovranazionali – può fare la differenza e imporsi. Perché aldilà delle inefficienze è un modello che non ha eguali in Europa”.

Partiamo da costi e sprechi. Intanto un dubbio, quando la Banca d’Italia usa i propri fondi per 7 milioni di fiori, chi paga?
Prima bisogna chiarire un equivoco. La Banca d’Italia è partecipata per il 94% da banche private ma dal 1963 è un ente di diritto pubblico economico. I suoi conti ricadono direttamente su quello dello Stato e, stando ai bilanci, la Banca d’Italia è in attivo, a differenza di molti altri istituti pubblici. Un attivo crescente e non decrescente come altre banche nazionali europee. Quindi osservando i flussi di cassa non grava ma conferisce allo Stato. Poi certo, inefficienze ci sono come in tutte le aziende, soprattutto in Italia, dove le istituzioni coi conti in rosso sono la regola e non l’eccezione.

Detto questo, possibile che il nostro presidente Visco guadagni il doppio del collega tedesco Weidmann a capo della potentissima Buba?
Da economista non do giudizi di valore ma guardo i numeri e mi pongo la domanda: Visco ha lavorato bene o male? La risposta è che ha lavorato molto meglio di altri colleghi nell’assicurare stabilità e tenuta del sistema bancario nazionale. Oggi non cambierei la Banca d’Italia con nessuna delle banche centrali nazionali. Neppure con la tedesca, francese o inglese perché la stabilità e il controllo che esercita a livello di performance è indubbiamente migliore. Quella Svizzera, tanto per dare la misura, è in rosso.

Cosa ce ne facciamo di 7mila dipendenti, quando anche i compiti di vigilanza che sono rimasti stanno per essere trasferiti all’Eurotower?
Sicuramente ci sarà da fare in previsione una riorganizzazione. Ma c’è una lancia da spezzare in favore della Banca centrale e di chi l’ha guidata. Oggi sta per iniziare una rivoluzione storica delle competenze e degli assetti che stravolge tutte le banche nazionali nel trasferimento dei compiti di controllo al sistema centrale. Bene, la Banca d’Italia nel 2007 ha perso la funzione monetaria ma grazie a un’intuizione giusta di Mario Draghi ha investito moltissimo sulla specializzazione nella vigilanza. E questo è importantissimo perché nel momento in cui questi compiti saranno contendibili a livelli nazionale e centrale, la Banca d’Italia avrà il suo peso e potrà contare. Un dimagrimento sembra inevitabile ma è anche possibile, anzi auspicabile, che da Roma parte di quel personale specialistico vada a Francoforte o che in caso di un sistema federato resti a Roma lavorando per la Bce.

Come finirà la partita sulla vigilanza al centro del prossimo direttivo della Bce?
Lì si inizieranno a prendere decisioni che sarà uno tsunami rispetto agli attuali assetti bancari. Due le possibilità: la Bce può mantenere la responsabilità unica del coordinamento o ricorrere a un sistema di delega alle banche nazionali. Nel primo scenario è plausibile che gli esperti di via Nazionale finiranno a Francoforte. Nel secondo che restino a Roma ma lavorando per l’Europa. Io posso dire come sarebbe bene che finisca. La soluzione migliore potrebbe essere quella di un sistema duale della vigilanza, con una banca centrale federale sul modello americano e le banche nazionali.

E quando i conti di una banca nazionale scricchiolassero?
Il sistema potrebbe prevedere il commissariamento temporaneo. In altre parole se le banche nazionali sono sane godono della loro autonomia ma quando vanno male come quella greca o spagnola i sistemi di vigilanza che hanno fallito passano a Francoforte. E siccome la banca viene salvata con fondi europei smette di essere istituto nazionale per diventare comunitario e come tale gravitare nel perimetro di sorveglianza europea. Da lì in poi, come negli States, una banca può scegliere se essere controllata a livello sovranazionale o statale.

E chi decide quando arriva il momento di “blindare” le banche?
Anche qui va decisa una strada. In Italia la banca nazionale ha anche questo compito di organismo liquidatore mentre in Europa sono altri istituti a farlo. L’idea che si ha in Europa è quella di separare la gestione ordinaria che previene le crisi dalla cura quando queste sono ormai conclamate. La prima funzione rimarrebbe in capo alle banche nazionali, le straordinarie salirebbero di grado e verrebbero gestite direttamente in Europa.

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