Ci sono volte in cui non m’inorgoglisce affatto aver ragione. È questo il caso di 9/11 con, al seguito, le patologie dei newyorkesi sviluppatesi dopo quella data.

Era il 10 settembre 2002 quando, in occasione del primo anniversario del crollo delle torri Gemelle, mandai un trafiletto all’Herald Tribune in cui, tra l’altro, era scritto “si avranno altri lutti per le conseguenze dell’inquinamento generato dalla combustione nella parte superiore e dal crollo meccanico degli edifici.”

I lutti cui accennavo erano le morti direttamente correlate a quell’evento, conseguenze matematiche di ciò che si era scatenato. Ma nell’articolo esprimevo anche il dubbio che queste fossero poi riconosciute come conseguenza dell’accadimento. Ora, a distanza di 10 anni questo messaggio è diventato una realtà riconosciuta dal governo degli Stati Uniti d’America; riconosciuta anche in termini di quattrini con risarcimenti alle vittime o ai loro famigliari attraverso un fondo di 4,3 miliardi di dollari intitolato a James Zadroga, un poliziotto del New York City Police Department che morì di una malattia respiratoria contratta lavorando tra le macerie polverose del World Trade Center. Questo significa che l’evidenza delle morti di tumore alla pelle, al seno, allo stomaco, al colon dei soccorritori, cioè coloro che furono esposti alle polveri dell’aerosolizzazione di due aerei e a quelle del crollo meccanico delle Torri è risultata così chiara da non lasciare dubbi.

All’inizio si risarcivano solo coloro che avevano sviluppato allergie o sindromi da stress perché per quelle patologie esiste letteratura di supporto. Cioè è già noto scientificamente, e lo è da tempo immemorabile, che chi respira polveri può sviluppare asma e allergie e che gli shock psicologici possono essere difficili o impossibili da superare. Ma ora gli studi sulle decine di migliaia di lavoratori di Manhattan (pompieri, personale addetto alla sicurezza, poliziotti, ecc.) e soprattutto le loro dichiarazioni e le sempre più numerose richieste da parte anche di comuni cittadini hanno indotto il governo americano a riconoscere una realtà di fatto.

Purtroppo anche in questo caso ci saranno altre patologie indotte dall’inalazione di polveri tossiche che faticheranno ad essere riconosciute. Un esempio: i casi di diabete sono aumentati a dismisura, ed è ormai indiscutibile che le polveri siano dei cosiddetti distruttori endocrini. Ma occorre fare grande attenzione anche ad altre malattie: infarto, ictus e tromboembolia polmonare, per esempio. Si sa che esiste uno studio sui bambini malformati concepiti dopo l’11 settembre in coppie residenti nell’isola di Manhattan, e le malformazioni sono un altro dei problemi gravissimi delle polveri.

Ora il punto è: la dottoressa Gatti ha una sfera di cristallo o c’è qualche spiegazione scientifica?

La mia previsione non aveva nulla di esoterico ma era frutto di puro ragionamento logico sequenziale.

L’impatto dei due aerei contro due bersagli solidi ha provocato la loro esplosione e, per l’alta temperatura sviluppata, questi si sono trasformati in un aerosol. Tutto quanto costituiva gli aerei e il loro carico è diventato polveri sottili e ultrasottili, piccole fino alle poche decine di nanometri. Il crollo fisico delle Torri, poi, ha prodotto altre polveri certamente più grossolane. Se ci sono state altre esplosioni nel corpo degli edifici, queste hanno senz’altro contribuito all’innalzamento della temperatura, rendendo ancora più fini le polveri. E le polveri hanno invaso l’aria e sono state respirate non solo da chi ha lavorato a Ground Zero per mesi, ma anche da chi, per qualunque ragione, passava del tempo in zona, una zona ben più ampia di quella dei dintorni del crollo.

Molto dipende dalla chimica e dalle dimensioni di queste particelle. Se vanno ad interferire con alcuni componenti del sangue, possono attivare la cascata coagulativa e formare trombi che, nelle vene, possono essere trasportati nei polmoni causando tromboembolia polmonare, o, nelle arterie, finire, per esempio, nelle coronarie o nel cervello, causando rispettivamente un infarto o un ictus. Quando, invece, queste si accumulano in qualche organo, anche per una captazione selettiva, possono dare origine a un’infiammazione cronica che può esitare in un cancro. Questa spiega la varietà di patologie riscontrate a New York. Noi le abbiamo chiamate nanopatologie. Ma questa varietà, di pertinenza tradizionale di specialisti diversi, spiega pure la difficoltà culturale d’inquadrare quelle malattie sotto un’unica classificazione eziologica.

E le patologie non finiscono al cancro o all’infarto, ma, entrando le particelle nel liquido spermatico, includono la cosiddetta malattia del seme urente o, riuscendo dalla madre a passare al feto, vanno ad interferire con il suo sviluppo. Poi ci sono malattie sulla cui origine ancora non esiste ancora una certezza assoluta come, tra le altre, la sensibilità chimica multipla, il Morbo di Parkinson e il Morbo di Alzheimer, ed altre, comunissime nei malati da polvere come, ad esempio, la stanchezza cronica, che sono spesso snobbate.

La Hiroshima delle polveri è già avvenuta. Ora non si può più continuare a far finta di niente.

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