Solo il “Porcellum” li salverà. E’ vero, mancano ancora (minimo) sei mesi alle elezioni, ma la rissa sulla nuova legge elettorale è continua e i sondaggi decretano inesorabili che senza alleanze nessuno sarà in grado di avere una maggioranza per governare. Men che meno il Pd. La Ipsos di Pagnoncelli ha gettato nel panico i piani alti del Nazareno: i Democratici, reduci dal festone di Reggio Emilia, viaggiano solo al 25%, con il Pdl al 21,9%. Dunque, a poco più di tre punti di distanza dai berluscones lacerati e in disarmo e con un leader latitante ormai da più di 80 giorni (e nessuna voglia di tornare da Malindi). Per Bersani è un pessimo segnale in vista di primarie che spaccheranno inevitabilmente il partito, mentre si avvicina l’appuntamento con l’aula del Senato, che dai primi di ottobre si trasformerà in una sorta di arena dove tutti i partiti si scanneranno per trovare una sintesi sulla 44 proposte di cambiamento della legge elettorale. Senza che un barlume di accordo possa illuminare il cammino.

Pier Ferdinando Casini, intanto, manda messaggi di fuoco a Bersani. Il Pd “non può chiederci nulla”, ha ammonito il leader Udc. “Vogliamo raggiungere una intesa, una soluzione concordata e venire incontro al Pd. Fra il nodo del premio di governabilità alla coalizione invece che al partito e il nodo preferenze, è chiaro che per me sono fondamentali le preferenze”. Proprio quello che Bersani non vuole, per evitare una conta dentro il Pd che potrebbe ribaltare gli equilibri molto facilmente. E’ opinione dei maggiorenti del partito che con le preferenze l’attuale classe dirigente piddina verrebbe azzerata. E da un elettorato chiamato ad esprimersi su urne ben più pesanti di quelle delle primarie.

Ma le parole di Casini sono state anche più dure, se possibile, sul fronte delle alleanze, con l’invito a non farne con Sel di Nichi Vendola “se vuole candidarsi al governo del Paese”: “Chi vuole governare questo Paese credibilmente non può avere niente a che fare con i contenuti e i protagonisti che ieri hanno depositato i referendum in Cassazione. Chi, dopo il governo Monti, in coerenza con l’Europa, vuole assumersi la responsabilità di guidare gli italiani – ha aggiunto – non può più avere niente a che fare con chi ha portato quei quesiti referendari in Cassazione il cui contenuto è antitetico al lavoro fatto fin qui” con il governo Monti. Parole, quelle su legge elettorale ed alleanze, che non sono piaciute a Bersani: “Sulla riforma della legge elettorale i centristi devono stare attenti a quello che pensano perchè il Paese va governato; noi non scherziamo”.

Il leader Pd, dunque, è chiamato a una scelta di campo alla vigilia delle primarie, mentre non solo il suo partito viaggia su un misero 25%, ma il M5S – sempre sondaggio Ipsos – arriva al 17,9%, l’Idv al 7,5%, l’Udc al 6% e Sel 5,9%. Scomparsa, tra i partiti che hanno un peso, la Lega, data sotto lo sbarramento del 4%. Sulla base di questo schema, a Bersani converrebbe allearsi con Casini e andare a votare con l’attuale legge elettorale per garantirsi anche il cospicuo premio di maggioranza che consentirebbe di governare agevolmente senza fare i conti né con Di Pietro, né con Vendola. Ma le primarie sono alle porte. E quello che sarà dopo il Pd è ancora tutto da scoprire. Quello che si profila all’orizzonte della legge elettorale, comunque, sembra delinearsi abbastanza chiaramente: un piccolo “ritocco” al Porcellum per inserire le preferenze (che piacciono al centrodestra), lasciando invariato il premio di maggioranza (che piace al Pd). In questo modo si riuscirebbe anche ad arginare un minimo il partito di Grillo che, comunque, resterebbe la terza forza politica in Parlamento (se i numeri resteranno quelli di oggi). Un quadro, tuttavia, in continua evoluzione, anche perché mancano ancora alcuni attori in campo, a partire da Montezemolo che – giura Irene Tinagli, economista vicina al presidente della Ferrari – a novembre scenderà in campo con il suo soggetto politico, destinato (nelle intenzioni) a rubare voti al centro e a destra. Ma ancora più se scenderà in campo Montezemolo, l’opzione “salviamoci con il Porcellum” diventerà lo slogan dei partiti più grandi per tutelare, ancora per una legislatura, le loro rendite di posizione.

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