Il terzo compleanno del Fatto festeggia un’idea più consapevole di democrazia allargata a tutti. Lo dicono i giorni di dibattito alla Versiliana, lo specifica il passaggio dedicato sabato pomeriggio all’informazione. Michele Santoro, un anno fa, si era presentato per raccontare un azzardo: la Rai ci ha buttato fuori, e allora noi andiamo in rete. “Avevamo chiesto qui a voi di sostenerci – ha detto Santoro al pubblico di Pietrasanta -, e lo avete fatto in modo straordinario. La rete dei donatori ha coinvolto 25mila persone creando un fenomeno del tutto nuovo e permettendo a noi di continuare il mestiere di sempre: fare i giornalisti. Adesso debuttiamo su La7. Perché l’importante è quel che si ha da dire, più che dove lo si dice. Il servizio si fa al pubblico ovunque”.

Enrico Mentana, direttore del tg La7, è sulla stessa linea: “Ho lavorato anch’io dappertutto: Rai, Mediaset, La7. Non rimpiango la Rai, mi interessa poter fare quello che secondo me è interessante. C’è gente che riesce a ottenere risultati eccellenti anche quando deve lottare con poteri molto molto forti, come la Gabanelli che se la prende coi politici ma soprattutto con le aziende, le banche, quelli che hanno i soldi veri”.

Già, come sarà la Rai di domani? “Quella della Tarantola?” chiedeva Gianni Boncompagni a Raffaella Carrà col suo occhio sornione, come a dire che l’incrocio pericoloso tra la tivù disastrata del postberlusconismo e l’ingresso dei tecnici è oggettivamente un’incognita. “Comunque io un’idea ce l’avrei – suggeriva Boncompagni -: quelli che di solito fanno i plastici in studio, potrebbero andarsene in posti più carini, tipo Guantanamo. Gran clima, materiale plastico quanto ne vuoi…”. La Carrà ride, il pubblico ride, Santoro va in prospettiva: “La Rai ormai è un sistema bloccato, incapace di muoversi e di essere libera. Berlusconi era solo la punta più avanzata di un meccanismo dominante, adesso bisogna riuscire a scardinare tutta questa roba per tornare tutti a essere liberi. Informazione libera, persone libere, giornali liberi: di questo ha davvero bisogno l’Italia”.

Paolo Mieli, che dal Corriere della Sera alla tivù di Stato conosce ogni passaggio, è d’accordo, dichiara di poter guardare solo il tg di Mentana e il Tg3 ma ha un appuntamento importante per i prossimi mesi: “Sarà la stagione televisiva in cui ritornerà in scena la politica, io quest’anno non esco a cena, mi piazzo lì sul divano coi pop corn e me la tivù me la guardo tutta” ha detto sorridendo. Interruzione tecnica, una suoneria telefonica irrompe in scena con un “potipò potipò potipò” da clacson vecchio stile. E’ sempre Boncompagni il guastatore: “Era Monti. Dice che è molto arrabbiato, preoccupato, triste”.

Anche Carlo Freccero parla di Monti: “Questa fase tecnica ci sta piegando la fantasia, la voglia di reagire. Adesso ci parlano del Monti bis, tris, non so. Ma chi ci darà il senso del futuro, della speranza? Da dove ripartiamo?”. Risposta difficile, impegno di tutti a cercare l’antidoto tra le cose più note: l’impegno, la responsabilità individuale, l’entusiasmo per la verità. Loris Mazzetti, dirigente di Rai3, dice che gli appigli ci sono. Cita la Gabanelli, Iacona, Fazio e Saviano in Rai. Poi guarda Enrico Mentana e ammette: “Quest’anno ci farete penare parecchio”. Santoro debutta su La7 il 25 ottobre.

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