I custodi giudiziari hanno sospeso l’approvvigionamento di materie prime destinate al parco minerali dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Il provvedimento contenuto in un verbale di accesso allo stabilimento è stato notificato ai vertici aziendali e ha imposto ai responsabili dell’area Altiforni e dell’ufficio tecnico di approvvigionamento delle materie prime, di fermare immediatamente le operazioni di carico del materiale che dal molo di Taranto, attraverso i nastri trasportatori, arriva quasi quotidianamente nell’area sequestrata.

A distanza di oltre un mese dal sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco, dopo una lunga fase di studio degli impianti, i tre custodi tecnici Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento hanno dato così il via alle operazione tecniche per “l’eliminazione di tutte le situazioni di pericolo” come disposto dal gip e dal riesame, anche in virtù del provvedimento firmato dalla procura ionica nell’ultimo vertice.

La stop al carico di materie prime, tuttavia, potrebbe non essere uno stop definitivo. La decisione, infatti, ha l’obiettivo di ridurre i cumuli di materie prime stoccate e soprattutto è una prima misura in attesa di interventi sostanziali nell’area a ridosso del quartiere Tamburi. Non solo. I custodi hanno lasciato anche una porta aperta all’azienda specificando che eventuali deroghe all’embargo, saranno valutate volta per volta se le richieste, formulate con un congruo anticipo, dovessero essere tecnicamente ben motivate. Intanto le navi che sono già giunte nella rada di mar Grande restano autorizzate a consegnare il materiale trasportato all’Ilva. Una prima misura, quindi, attuata in attesa che l’azienda comunichi chiaramente le intenzioni in merito al problema dei Parchi minerali.

L’Ilva infatti sembrerebbe sempre più decisa a non intraprendere la strada della copertura dell’area, nonostante le varie posizioni espresse dagli organi competenti nel corso degli anni. “Abbiamo già espresso il nostro parere – ha ribadito Giorgio Assennato, direttore di Arpa Puglia – . Tutte le misure vanno valutate, ma la migliore delle soluzioni resta la copertura”. Sulla nuova proposta dell’azienda invece di bagnare per 24 ore al giorno le montagne di carbone e minerale di ferro , è lo stesso procuratore Franco Sebastio a chiarire: “Un intervento assolutamente inutile – ha detto ai giornalisti – come hanno sancito nel passato le sentenze di condanna fin dal 1982. Anzi  dannoso: l’acqua sui cumuli di minerali filtra nel terreno sottostante e, in assenza di un sistema di scolo convogliato e impermeabile, può provocare un ulteriore inquinamento del sottosuolo, aggiungendo così un’altra ipotesi di reato”.

I carabinieri del Nucleo operativo ecologico, intanto, hanno notificato nelle scorse ore un decreto firmato dallo stesso Sebastio e dagli altri magistrati del pool che indagano sul disastro ambientale a Taranto, con cui vengono definiti i ruoli dei custodi e amministratori giudiziari. Su richiesta degli stessi custodi, depositata lo scorso 1 settembre in occasione del vertice pomeridiano a Palazzo di giustizia, la procura ha stabilito che spetta all’ingegner Barbara Valenzano il ruolo di “gestore” degli impianti e “responsabile dell’attuazione delle prescrizioni e procedure impiantistiche” per attuare i provvedimenti di ambientalizzazione. A lei compete anche il potere di spesa, ma solo se autorizzata dall’autorità giudiziaria. Al quarto amministratore e presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, la procura ha affidato invece il compito di “responsabile di tutti gli aspetti amministrativi e contabili degli impianti sottoposti a sequestro” anche “sotto il profilo dell’impegno finanziario occorrente per gli interventi da realizzarsi ai fini delle eliminazioni delle emissioni inquinanti e delle conseguenze dannose della pregressa attività, e sotto l’aspetto delle conseguenti scelte gestionali, riguardanti il personale addetto alle aree in sequestro”.

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