Repubblicani
La convention repubblicana a Tampa - Foto: LaPresse

Che il partito repubblicano odiasse la scienza – colpevole di eresie evoluzionistiche e di molte altre peccaminose tendenze, specie nel campo della climatologia – era un fatto da tempo appurato. Tanto appurato, in effetti, che lo stesso Mitt Romney – pur attentissimo a non dir cose che rivelassero il suo pensiero, o che a un pensiero anche solo vagamente assomigliassero – non ha potuto evitare di rendere omaggio, in quel di Tampa, a questa ormai affermata ortodossia anti-illuminista. “Obama – ha detto il candidato repubblicano nel suo “acceptance speech”, con ovvia allusione al problema del riscaldamento globale – aveva promesso di fermare la crescita degli oceani e di salvare il pianeta. Io, invece, mi occuperò dei problemi della vostra famiglia…”.

Inevitabile era, dunque, che questo ormai collaudato rigetto d’una pratica (la scienza, per l’appunto) essenzialmente basata sull’osservazione dei fatti, finisse per estendersi ai fatti in quanto tali. E proprio Tampa è stata – come quasi certamente confermeranno domani gli storici – il luogo di definitiva abolizione della verità (vedi nel post precedente, la dichiarazione di Neil Newhouse, uno dei capi della campagna di Romney) dal novero delle virtù ufficialmente riconosciute dall’America conservatrice. Come va da tempo profeticamente ripetendo Steve Colbert – impareggiabile comico il cui personaggio è un anchorman d’indefettibile fede repubblicana –: “I hate facts, because they interfere with my ideas”, odio i fatti perché interferiscono con la mie idee…

Come e dove si è celebrato, a Tampa, questo nuovo culto della bugia? Mitt Romney, sulla carta vero protagonista della festa, è per molti aspetti rimasto ai margini della cerimonia. E questo per il semplice fatto che la grande bugia sulla quale il suo discorso d’accettazione era basato – io non sono io, perché sono soltanto quello che non è Obama – lo ha liberato dal peso di tutte le falsità che, come il diavolo, notoriamente si nascondono nei dettagli. Ma il discorso di Paul Ryan, il suo vice, è stato al contrario, da questo punto di vista, davvero esemplare. Soprattutto se si considera che il deputato del Wisconsin – autore di “The Path to Prosperity”, poi ufficialmente divenuto il piano repubblicano per il risanamento del deficit – era giunto a Tampa nelle vesti di riconosciuto “ideologo” del partito, entrato nel “ticket” presidenziale proprio per dare peso (ovviamente in senso ultraconservatore) ad un candidato la cui molto vagabonda carriera politica appariva, alla base del partito, come una sorta di monumento all’opportunismo. Venendo al dunque: quando Ryan ha cominciato il suo discorso vantava una solida – anche se, come vedremo, del tutto immeritata – fama di uomo serio e preparato. Un uomo come si dice, “con idee”. Quando lo ha finito, quel discorso, anzi, ancor prima di finirlo, deteneva (l’insospettabile giudizio è di Sally Kohn, collaboratrice della super-conservatrice Fox News) il “record mondiale in materia di sfacciate menzogne contenute in un solo discorso”.

Molte bugie ha raccontato il “serio” Paul Ryan. E chiunque desideri dare un’occhiata all’elenco completo può trovarlo in FactCheck.org (a mio avviso il più completo ed affidabile tra i siti che si occupano di separare la realtà dalla propaganda). Qui, per ragioni di spazio, non ne racconterò che una: la più bella, quella – nel suo genere un piccolo capolavoro – che ha scaricato su Obama le responsabilità (per mancanza di adeguati aiuti) della chiusura d’una fabbrica d’auto della General Motors in quel Janesville, città natale di Ryan. La fabbrica, in realtà, era stata chiusa ben prima che Obama assumesse la presidenza. Ed essendo Ryan (in teoria anche se non sempre nella pratica, specie quando si tratta di denari destinati al suo collegio elettorale) uno strenuo nemico di qualunque aiuto governativo all’economia, questa è l’inevitabile conclusione: l’aspirante repubblicano alla vice-presidenza ha, senza fare una piega, accusato il presidente in carica d’una cosa che non ha fatto. E che, l’avesse fatta, avrebbe incontrato – se la coerenza non è un optional – la fiera opposizione dell’attuale running-mate di Mitt Romney…Straordinario.

Ovvia domanda. Perché i repubblicani raccontano con tanta facilità cose che tanto facilmente possono essere denunciate come false? La risposta è: perché, nel pieno d’una deriva ideologico-religiosa, vivono ormai in un universo parallelo, nel quale i fatti hanno, per l’appunto, perso ogni rilevanza. Ben prima della Convention di Tampa, qualcuno – il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, giusto per fare un nome – già s’era preso la briga di verificare i numeri del “Sentiero verso la Prosperità” indicato da Ryan ed era giunto ad una molto drastica (e matematicamente certa) conclusione. Quel piano è, semplicemente, una frode. Macelleria sociale – giusto per usare un’espressione divenuta tristemente popolare nella nostra povera Italia – e meno tasse per i ricchi. Il tutto non per ridurre, ma per aumentare (sì, aumentare) il debito pubblico…

Comunque sia, non v’è dubbio alcuno. Per tutti i “fact checkers” la Convention di Tampa è stata la più stressante (ma anche la più ricca di soddisfazioni) delle esperienze. Mai viste tante mutande in fiamme (o più correttamente tanti pantaloni in fiamme, come un commentatore mi ha giustamente fatto notare) concentrate in un solo luogo. Il vero, angoscioso punto interrogativo è a questo punto: arriverà, a novembre, questo incendio alla Casa Bianca?  

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